Mauro Ranzato 40 anni, padovano di Villanova di Camposampiero, docente di matematica e allenatore di volley. L’Aprile scorso viene arrestato con l’accusa di aver stuprato una sua allieva di quindici anni. I media riprendono l’accusa, pubblicano foto, nome indirizzo: insomma, come si suol dire, sbattono il mostro il mostro in prima pagina. Da aver paura ad uscire di casa con un accusa così infamante tra capo e collo.
Accusa che adesso il giudice ridimensiona. Ha il sospetto che la ragazzina si sia inventata tutto o molto, in particolare la violenza sessuale; perchè l’ha descritta tale e quale la scrittrice siciliana Melissa P. nel libro “100 colpi di spazzola” da cui è stato tratto anche un film.
Ranzato è stato scarcerato, si profila un processo dall’esito assai incerto. Ma è certo che lui, comuque vada, è già stato sputtanato, rovinato per la vita.
Da questa, e da tante altre vicende simili, si desume che gli stupratori certi siamo…noi giornalisti. Perchè noi operatori dell’informazione dovremmo sottolineare sempre, ribadire con forza a telespettatori e lettori, che un’accusa è cosa assai diversa dalla condanna. Dovremmo ricordare che esiste la presunzione d’innocenza, mentre siamo i primi a trasformarla in presunzione di colpevolezza.
Una presunzione di innocenza che deve, che dovrebbe, valere per tutti: per Ranzato come per Strauss Kahnn, per Berlusconi come per Penati, come per l’ultimo immigrato accusato di qualunque delitto.
Ma basta fare l’elenco, che ho appena stilato, per rendersi conto che il garantismo è una battaglia perduta in partenza, da Don Chisciotte contro i mulini a vento. Perchè troppo irresistibile è la tentazione di sceglierci il nostro colpevole preferito, e sbatterlo in prima pagina con un sistema tipico da lapidazione islamica.
Almeno ci guardassimo allo specchio per vedere che siamo noi gli stupratori, noi i fondamentalisti.
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