Corrado, nel blog precedente, ha fatto un’osservazione che trovo fondamentale e che trasferisco qui per poterla analizzare e discutere. Corrado sostiene che non solo l’aumento spaventoso dei pubblici dipendenti rispetto agli anni Sessanta non ha garantito ai cittadini nuovi servizi reali, ma inoltre – aggiunge – “tutto questo si traduce quasi sistematicamente in una riduzione delle libertà personali”. Concordo in pieno, trovo questa osservazione fondamentale anche per la scelta del modello politico preferibile: il numero eccessivo di statali non solo costa uno spropoposito, non solo non produce servizi aggiuntivi apprezzabili per i cittadini ma – soprattutto – limita sempre più pesatemente la loro libertà. Per il semplice motivo che uno stato sempre più pesante interferisce in maniera sempre più pesante (ed indedita, e del tutto inutile) nella vita del cittadino.
Questo vale anche là dove la pubblica aministrazione ha un’efficienza imparagonabile alla nostra pubblica amministrazione borbonica (anche in Veneto): penso alla Germania o alla Francia. Perchè in ogni caso il modello statalista, o socialista, o socialdemocratico, che chiamar si voglia, è penalizzante e diseducativo per l’individuo. Nel senso che presume un cittadino di serie B, una specie di figlio minorato che non cresce, che non matura, che tale resta per tutta la vita e che quindi – come recita
la formula classica del welfare socialdemocratico – ha bisogno di essere assistito “dalla culla alla tomba”. A questo cittadino, che consideri un minorato irrecuperabile, non puoi dare i soldi in mano perchè li spepererebbe in maniera irresponsabile; e quindi devi essere tu Stato a trattenerteli, con una tassazione pesante, per garantirgli la pensione, la sanità, le assistenze e i servizi vari. Mi sembra chiaro che la più grave di tutte le limitazioni della propria libertà è essere trattato dallo Stato come un minorato.
Senza aggiungere che un modello socialdemocratico degradato in salsa italiana procura anche le risorse che consentono di vivere di politica a quel numero spropositato di persone che, solo nel nostro Paese, vivono appunto di politica. (Cominciamo a tagliare la trippa, cioè le risorse che finiscono nella casse pubbliche, e cominceranno a calare anche i gatti…)
All’opposto il modello liberale si pone l’obiettivo di far crescere l’individuo, di renderlo adulto e responsabile. Gli procuri un’educazione iniziale, ma poi vuoi e credi che sia in grado di autogestirsi; e quindi gli lasci anche in mano i soldi perchè sia lui a scegliersi e pagarsi un fondo pensione piuttosto che un’assicurazione sanitaria. Non solo eviti di costruire baracconi pubblici inutili e dispendiosi come l’Inps, ma soprattutto valorizzi la persona, la fai crescere anche esponendola ai rischi che sempre comporta un’assunzione di responsabilità. Mentre col modello statalista-socialdemocratico magari la tuteli di più ma proprio perchè la condanni ad essere perennemente sotto tutela.
La scelta tra modello liberale o statalista è fondamentale. Tanto che è secondaria perfino la riforma federalista se prima non abbiamo chiarito quale federalismo andiamo a costruire: quello liberale o quello statalista? La mia paura cioè è che gli amministratori locali di regione e comuni, messi dalla riforma federalista nella condizione di trattanere più risorse nel territorio, utilizzino queste risorse per appesantire la loro macchina amministrativa (federalismo statalista) quando invece è necessario alleggerirla (federalismo liberale). Il sindaco di Verona Flavio Tosi denuncia spesso la scandalosa situazione del comune di Napoli che, percentuamente al numero di abitanti, ha dieci volte i dipendenti del comune di Verona. Perfetto. Purchè da un alto e un basso non ne esca quella via di mezzo che trasformerebbe Verona in una mezza Napoli…Per essere chiari fino in fondo: non solo va falcidiato il numero dei comunali di Napoli ma va ridotto anche quello di Verona, che è comunque già inutilmente sovrabbondante; altrimenti andiamo a realizzare il federalismo statalista.
Ultima considerazione dedicata al tradimento consumato in questi mesi dal duo Berlusconi-Tremonti: più soldi in tasca sono la condizione fondamentale perchè il cittadino possa esercitare la propria libertà. Se non glieli restituisci lo lasci in balia dello statalismo, lo consideri un minorato da tenere sotto tutela. Senza la riduzione delle tasse non c’è né libertà né Popolo della Libertà. Berlusconi la libertà l’aveva fatta intravvedere nel 2001 quando promise (senza mantenere) che avrebbe fatto scendere l’aliquota massima al 33%. Oggi invece col suo ministro Tremonti ha dichiarato che le tasse non scendono e non scenderanno nemmeno nei prossimi anni: questo è il tradimento della libertà. Un governo che mantiene la pressione fiscale allo stesso livello del governo Prodi (43%) non è espressione del Popolo della Libertà ma di un “Popolo dello Statalismo”.
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