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LA LEZIONE SENEGALESE

 Purtroppo la lezione senegalese impartita da Souleiman Demba l’hanno sentita in diretta solo i padovani, perchè la nostra trasmissione di giovedì sera è andata in onda nell’area del Veneto orientale e non anche nell’area di Verona e del Veneto occidentale. Ma è stata una lezione memorabile. E vale la pena di riassumerla a beneficio dei frequenatori del blog.

Questo signore senegalese vive a Padova da 27 anni, dove gestisce un’azienda artigiana di tapezzeria. Ci ha raccontato che, quando ventenne si apprestava a lasciare il Senegal, sua padre gli aveva raccomandato anzitutto una cosa: “Dovunque tu vada rispetta le leggi e le regole che troverai. Se andrai in un Paese dove le persone camminano con una gamba sola, non fare storie e cammina su una gamba sola anche tu!”. Più chiaro e piu perentorio di così. “Ed io – ha proseguito Souleiman nel suo racconto – sono arrivato in Italia convinto di ciò che mi aveva insegnato mio padre, pronto a rispettare e far mie tutte le regole del Paese che mi ospitava. Ma…ho trovato un Paese che non aveva regole; anzi che ne aveva fin troppe: decine di migliaia di leggi, metà delle quali contraddicono l’altra metà; leggi inapplicabili, inapplicate e spesso inutili. Un Paese dove ti basta anche un avvocato mediocre per farla sempre franca” (capite: non serve nemmeno un Nicolò Ghedini, ti basta il primo azzeccagarbugli che capita…) “Un Paese – ha sentenziato Souleiman durante una fascia pubblicitaria – dove è più facile entrare che uscire!” (Cioè aperto a tutti e incapace di espellerne uno solo). “E allora che regole dovrei mai rispettare in un Paese come l’Italia? “

Eccola qui la mirabile e concisa lezione senegalese: sono bastate poche frasi di uno straniero per scolpire la verità che noi, affogati in una mare di chiacchiere e di sociologismi, non sappiamo più vedere.

Anzitutto che le persone serie ci sono dovunque, in Africa come nel mondo slavo. Genitori capaci di educare i figli e di indicare loro la retta via. Nelle parole del padre senegalese di Souleiman risentivo le stesse raccomandazioni che mi faceva il mio padre veneto-austriaco: comportati bene, sii educato; se vai a trovare Tizio ricordati che sei in casa d’altri, che non puoi fare i tuoi comodi come se fossi a casa tua.

Le persone serie ci sono dovunque; come i cialtroni. Così come ci sono Paesi seri e Paesi cialtroni. E il nostro ospite (televisivo) del Senegal ci ha ricordato il nocciolo di tutta la questione: non siamo un Paese serio. Il problema non sono gli immigrati, il problema è questo nostro Paese slabbrato che li accoglie mostrandosi loro per quello che è: un’Italia con intere regioni in mano alla criminalità organizzata, dove lo Stato non esiste, dove ( vecchia battuta degli anni Ottanta, più che mai valida) si pensa che il 7.40 sia il calibro di una pistola; un Italia dove gli italiani per primi non rispettano le regole e, se ti beccano, basta l’ultimo azzeccagarbugli per sfangarla; un Paese che affoga nella burocrazia e nei regolamenti più inutili ed assurdi, dove gli immigrati che lavorano devono bivaccare giorni in attesa di rinnovare il soggiorno mentre gli addetti si grattano. Che esempio da loro questo nostro Paese? Come fa a chiedere e pretendere il rispetto di regole che noi per primi violiamo? Detto con altre parole: lo stesso immigrato che va in Germania e diventa tedesco, quando viene in Italia diventa…italiano. Questa è la tragedia che rende ingovernabile l’immigrazione nel nostro Belpaese.

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