I giocatori del Padova si sono assunti le loro responsabilità. Tutti insieme si sono passati la corda attorno alla vita e hanno trainato il loro allenatore, Carlo Sabatini, fuori dalla tempesta in cui lo avevano cacciato dopo la sciagurata prestazione di Novara. Ineccepibile la prestazione contro la Pro Sesto: determinazione a mille, risultato rotondo, porta di Andrea Cano (al rientro: e si è sentito!) finalmente immacolata, equilibri almeno in parte ristabiliti, anche se, come ammettono gli stessi biancoscudati, c’è ancora da lavorare (e ci mancherebbe: siamo solo alla quarta giornata!).
Aver visto i giocatori tirare fuori il lato di uomini, oltre che quello di calciatori, mi ha piacevolmente colpito. Aver visto Varricchio e Rabito andare ad abbracciare Sabatini dopo i gol, chiamando a rapporto tutta la squadra, mi ha riempito il cuore di gioia, perchè non era giusto che finisse come purtroppo sarebbe finita se i biancoscudati non avessero tirato fuori i… cosiddetti. Erano proprio questi ad essere mancati, non era possibile che il Padova si fosse "imbrocchito" all’improvviso.
Ora guai a cullarsi sugli allori. Sbaglia il presidente Cestaro se considera Verona un’altra ultima spiaggia per il suo allenatore, come mi è parso di capire (anche se a me non l’ha detto direttamente) dalle sue dichiarazioni di oggi. Un tecnico non può lavorare serenamente con una perenne spada di Damocle sopra la testa. Ecco perchè mi auguro di aver inteso male le parole del presidente o semplicemente che lui intendesse dire che si aspetta continuità sul piano della prestazione.
In effetti, però, su una cosa bisogna essere chiari, ovvero che gli esami non sono finiti: a Verona bisognerà uguagliare, sotto il profilo della mentalità, la gara odierna con la "Pro", dimostrando che il tunnel della crisi è definitivamente alle spalle. Ciò non significa vincere per forza, significa semplicemente dare tutto e uscire, esattamente com’è stato oggi, a testa alta. L’unica cosa che nel calcio, come del resto nella vita, conta veramente.
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