Voglio essere sincera fino in fondo. Cosa che mi impegno sempre a fare, anche a costo di incidenti diplomatici che spesso mi provocano non pochi grattacapi e problemi.
Quando, la scorsa settimana, si è iniziato a parlare del nuovo direttore sportivo e, tra le ipotesi paventate, è venuta fuori anche quella della "soluzione interna" con il passaggio di consegne a Ivone De Franceschi, fresco di patentino, non mi è sembrata ad una prima analisi questa la soluzione che poteva fare al caso del Padova. Non perchè non abbia stima di "Checchi", ci mancherebbe altro: ho vissuto a stretto contatto (professionale) con lui le sue ultime stagioni da giocatore del Padova e ho visto quanto ha sofferto nel non essere riuscito a portare la squadra in B quando ancora c’era lui sul campo a correre dietro alla palla e a deliziare il pubblico con le sue magiche punizioni di sinistro "a girare".
Insomma so quanto tiene a questa società, in cui è stato accolto come dirigente quando un’anomalia al cuore lo ha costretto a lasciare, a 33 anni, il calcio giocato. La mia perplessità era legata al fatto che, nella mia personalissima visione delle cose, ci voleva un direttore sportivo esperto per una categoria come la serie B. Uno che avesse occhio, che ci sapesse fare, che conoscesse alla perfezione l’ambiente in cui andava ad operare. Ecco perchè l’ipotesi di una figura più navigata (come era quella di Fabio Paratici, ad esempio) che lo affiancasse mi pareva più adatta per affrontare con maggiore serenità la prossima stagione, la prima in B dopo undici anni.
Questi cinque giorni di tira e molla da parte della società (che evidentemente aveva a sua volta qualche dubbio) mi hanno però spinto a riflettere e il ragionamento che ne è emerso mi ha illuminato al punto da portarmi a pensarla in maniera del tutto opposta.
Ho analizzato l’ultimo campionato e mi son detta: chi è stato a guidare la squadra verso la promozione dopo anni e anni di sofferenze inaudite e soldi buttati al vento? Carlo Sabatini: un allenatore novizio, proveniente dalla Berretti, ritrovatosi all’improvviso al timone di una nave importante che non solo non ha fatto affondare ma ha addirittura condotto nel porto in cui voleva arrivare. Impresa mancata, negli anni scorsi, da tecnici del calibro di Renzo Ulivieri, Andrea Mandorlini, Pierluigi Frosio e via dicendo. Poi mi son domandata: chi è che, a Natale di questo stesso torneo, è stato fatto direttore generale, trasformandosi in quella figura di riferimento e in quel collante tra squadra e società che prima mancava? Gianluca Sottovia, un padovano doc che è cresciuto nel Padova partendo dalla segreteria e che ora ci sta mettendo la faccia in un club di serie B. Poi mi son detta: "prova a pensare ad un giocatore rivelazione di questo campionato" e la mia mente è volata a Pietro Baccolo, un padovano di 19 anni cresciuto nel settore giovanile, fino all’anno scorso un signor nessuno nel calcio professionistico e ora richiesto addirittura da Fiorentina e Chievo.
Il che significa che a Padova non è evidentemente l’esperienza l’elemento fondamentale per ottenere risultati. La molla decisiva è rappresentata da ben altro, ovvero dall’entusiasmo, dalla voglia di mettersi in gioco e dall’attaccamento a questi colori: tutte cose che, unite a competenza e umiltà, possono fare la differenza.
Ebbene Ivone tutto questo patrimonio ce l’ha. E’ un’altra ostrica nata e cresciuta nel mondo biancoscudato che potrà dimostrare di avere al suo interno una perla.
E allora: buon lavoro a Checchi e al Padova!
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