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IL CASO VARRICCHIO

La prima volta che ho visto Massimiliano Varricchio se non l’ho odiato poco ci è mancato. Era l’ultima giornata di andata del campionato 2005-2006 e si giocava Spezia–Padova. Risultato finale: 1-0 per gli aquilotti spezzini e gol di Varricchio. Quando ha segnato e l’ho visto allargare le braccia facendo il gesto del volo, andando a muso duro verso i compagni ho subito pensato: "Mamma mia, che fenomeno! Cosa serve tutta ‘sta scena!". Chiaro che sul mio giudizio di allora pesò inevitabilmente il fatto che giocava contro la mia squadra del cuore. Non mi fece comunque nel complesso una buona impressione.

Un giorno, due anni dopo, succede che il Padova me lo compra. In panchina c’è Ezio Rossi. L’inizio non è male: in Padova–Monza segna il 2-0, riscattando con quel gol un errore dal dischetto. Viene in sala stampa e gli stringo la mano per la prima volta. La stretta è vigorosa e già questo mi colpisce positivamente. Poi esordisce dicendo: "Mi dispiace per il rigore sbagliato, mi sarei tirato da solo un calcio nel sedere per come l’ho calciato!". E lì penso: "Be’, ma allora è uno che sa anche ironizzare sui suoi errori". Poi finisce in panchina per via di Roberto Muzzi. Viene gettato nella mischia nel secondo tempo di Foligno–Padova e segna la rete dell’1-1. Viene in sala stampa e dice chiaro e tondo che la panchina non la gradisce per niente. Onesto e sincero. Di lì in poi diventa un perno insostituibile del Padova (passando anche per una squalifica dovuta ad una “rispostaccia” al pubblico a Sesto San Giovanni nel momento in cui stava per entrare in campo proprio di fronte al commissario di campo appostato a bordocampo!), arrivando in due campionati a segnare 28 gol (18 il primo, e non è poco visto che, appunto, erano molte le partite dei girone d’andata in cui non aveva giocato titolare per via di Muzzi, e 10 il secondo, compresa la rete playoff contro il Ravenna), ma in un paio di occasioni entra in polemica con i giornalisti, evitando la sala stampa nonostante vi fosse stato espressamente chiamato. Arriviamo alla stretta attualità: durante il calciomercato si parla di una sua possibile cessione in cambio dell’arrivo di Bruno dal Modena. Si dice che la Reggiana e il Verona lo vogliano e che De Franceschi e Sottovia tentino fino all’ultimo di darlo via. L’affare però non si concretizza e Varricchio rimane, mostrando però una punta di risentimento verso la società che ha tentato di venderlo e di nuovo nei confronti della stampa con cui rifiuta ora come ora ogni colloquio.

Tutta questa premessa per mettere in evidenza una cosa fondamentale che è sotto gli occhi di tutti: l’Airone ha un carattere molto forte. E’ uno di quelli che non ha mezze misure. Che non riesce a fare buon viso a cattiva sorte. Che se gli girano i cosiddetti, non si preoccupa di nasconderlo, anzi (vi ricordate a San Benedetto del Tronto che augurò a fine gara alla Samb di retrocedere e fallire?). Tutto questo può sembrare solo un difetto quando magari diventa eccessivo (come l’altra sera alla presentazione in piazza della Frutta: magari io al posto suo avrei evitato il muso lungo, se non altro perché di fronte c’erano i tifosi, mica solo la società e i giornalisti!) ma è anche un pregio se lo si guarda a 360 gradi: credo che Varricchio sia uno di quelli che non te le manda a dire, che non mormora le cose alle spalle, che non crea tensioni sotterranee, e questo, secondo il mio punto di vista, è anche un pregio quando lavori in gruppo perché sai che quello che vedi è quello che è e perché hai la certezza che non ti arriverà mai una pugnalata alla schiena.

Se poi si guarda il suo rendimento sul campo si vede chiaramente che la mancanza di mezze misure si riflette, più in positivo che in negativo, anche sulle prestazioni: sotto porta è infallibile e non l’ho mai visto una volta tirare indietro il piedino. Insomma, è un generoso: uno che dà forza fisica, crea spazi e si fa anche randellare magari anche solo per creare spazi per gli altri compagni. E poi, quando penso a lui, mi torna sempre in mente il gol che ha fatto a Venezia nella prima partita di Sabatini dopo l’esonero di Tesser: la corsa verso la panchina, l’abbraccio con tutti i compagni, la ricerca disperata di Sabatini in mezzo a tutti per dargli una sentita pacca sulla spalla e poi la dedica a Guerrino Gasparello che gli aveva fatto l’assist. “E’ tuo è tuo” continuava ad urlare l’Airone al compagno indicandolo con l’indice. E’ questo il Varricchio giocatore, c’è poco da fare.

Concludo qui il mio panegirico, scusandomi se mi sono dilungata in tanti particolari che non ritengo affatto superflui per inquadrare il personaggio in tutte le sue sfaccettature. Il succo è che Massimiliano Varricchio deve tornare ad essere uno dei perni di questo Padova. Quando ha avuto la fiducia di società, allenatore e tifosi ha dato il massimo ed è riuscito a fare cose straordinarie, trascinando la squadra ai playoff. Occorre farlo tornare a quel livello di motivazione. Farlo sentire importante. Non so quante partite giocherà, ma so che, se sarà il Varricchio di sempre, saprà lasciare il segno. Penso che la città gli debba un grande abbraccio collettivo per il contributo fondamentale che ha dato alla conquista della serie B.    

 

 

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