No, non sto vagando per il ponte del Bassanello con una corda e un sasso appesi al collo alla ricerca del tratto del fiume con il fondale più roccioso per suicidarmi, come simpaticamente ha scritto in un commento del post precedente l’Altro Maurizio, sicuramente con il nobile intento di strapparmi una risata in una giornata nerissima. E però non è che sono esattamente il ritratto della gioia, anzi: il mio stato d’animo è quello di una persona allibita, allucinata, incredula di fronte all’indecente prestazione sfoderata dal Padova oggi a Empoli. Non riesco a credere di aver attraversato l’Appennino per assistere ad uno spettacolo così indecoroso.
La squadra oggi sembrava un’accozzaglia di gente che gioca insieme per la prima volta. Un coacervo casuale di persone che si sono conosciute per la prima volta dieci minuti prima e che hanno rimediato una figuraccia, vagando catatoniche per il campo, proprio perchè non si conoscevano e dunque non avevano mai lavorato insieme. Quando in realtà invece fanno addirittura tre allenamenti su sei a porte chiuse per trovare più intesa, curare a fondo tutti gli aspetti tattici e sorprendere gli avversari (detta oggi, questa cosa, al termine di una partita da sciagurati, sa davvero di sonora presa per i fondelli!).
Cosa è successo? Di tutto e di più. E’ evidente che siamo di fronte ad un "cedimento strutturale" e non a "qualche crepa" cui si può porre rimedio con correttivi, accorgimenti o tamponamenti. Tutto il gruppo ha ceduto di brutto, inutile star qui a dire che se giocava quello o stava fuori l’altro sarebbe andata meglio. Con qualunque formazione il Padova di oggi sarebbe stato schiantato dall’Empoli. Perchè la stanchezza dei giocatori è mentale, non fisica, come ha cercato di spiegare Sabatini a fine gara ancora una volta per difenderli dall’indifendibile. In loro oggi si è spenta la luce. Nella testa però, non nelle gambe.
Di chi è la colpa? Di sicuro avremo tutto il tempo per riempire fogli di giornale, siti internet e telegiornali a fine stagione, gettando croci, più che meritate, a destra e a sinistra. Ora come ora, a sei giornate dalla fine del campionato e a sei giorni da un derby a Vicenza iin cui ci giochiamo l’intero campionato, voglio sforzarmi di mantenere accesa quella piccolissima fiammella che ancora c’è dentro di me. E che so che c’è anche in tutti voi. Per quanto nel nostro stato d’animo oggi sia montata una rabbia senza precedenti in questa annata.
Mi appello ai giocatori, che sono coloro che scendono in campo e quando le cose vanno male si pigliano le massacrate, anche quando magari le colpe non sono tutte loro. Mi appello alla loro dignità, al loro amor proprio, al loro essere, nella maggior parte dei casi, anche mariti e genitori oltre che giocatori di calcio: persone dunque che hanno qualcuno di veramente speciale, oltre ai tifosi ovviamente, cui rendere conto del proprio operato quotidiano e delle proprie figure barbine.
Ad Empoli hanno toccato il fondo e ora si trovano davanti ad un bivio: o si armano di badile e iniziano a scavare, avvicinandosi ancora più velocemente alla già vicina Lega Pro, oppure risorgono, si rialzano. Proprio nella partita che per i tifosi più conta.
Lo facciano per chi ama davvero il Padova, per chi senza il Padova non sa stare e non vuole smettere di credere in questa salvezza perchè sarebbe troppo grande il dolore di tornare in serie C dopo tutta la fatica fatta l’anno scorso per risalire da quell’infame categoria. Per chi non ce la fa proprio a dire: "Ma sì è solo una partita di calcio, chi se ne frega" perchè i colori biancoscudati li sente dentro come una fondamentale parte di sè e non ci rinuncerebbe neanche per tutto l’oro del mondo.
Lo facciano per chi tutte le mattine si alza molto prima di loro, per fare un lavoro molto più di merda del loro, per portare a casa molti meno soldi di loro. Per chi, nonostante quei soldi siano sempre pochi e non bastino mai, non esita a destinarne una parte per fare una trasferta ad Empoli. Rinunciando magari a qualcos’altro di importante per poi tornare a casa con il fegato avvelenato.
Sabato a Vicenza passa l’ultimo treno. Per favore, ci salgano su.
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