12 pullman, centinaia di bandiere e t-shirt biancoscudate, oltre 2.000 cuori che a partire dalle 20,45 batteranno tutti all’unisono, fortissimo, per l’unica squadra che amano alla follia. Questo il contenuto che i tifosi del Padova metteranno nello zaino prima di partire per Trieste, per l’ultimo viaggio, quello che deciderà se gli uomini di Carlo Sabatini meritano la salvezza oppure devono tornare nell’inferno dal quale solo un anno fa solo riusciti a risalire, con tanta fatica. Stavolta prove d’appello non ce ne sono più. O domani sera il Padova si mette in testa di ritirare fuori lo stesso patrimonio umano e caratteriale che l’anno scorso lo ha fatto approdare in serie B oppure sarà di nuovo Prima divisione, una categoria che per 11 anni ha fatto soffrire una città intera, costretta, per rivivere momenti di gloria, ad affidarsi ai libri e ai filmati che raccontano le gesta del passato. I tifosi hanno fatto di tutto in questi mesi per scongiurare l’incubo retrocessione: hanno stretto forte la squadra al loro petto, sostenendola, incitandola, consolandola, aiutandola, abbracciandola anche quando sarebbe venuto assai più spontaneo denigrarla, criticarla e voltarle le spalle perché non ci stava mettendo tutto l’impegno che doveva. Perché deludeva, ma non tanto dal punto di vista del gioco, quanto sotto il profilo della mentalità. Il pubblico, proprio per lo straordinario attaccamento dimostrato ai colori biancoscudati, il suo campionato lo ha già vinto. Ora tocca alla squadra fare altrettanto, facendo vedere che, quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Che non potranno essere né Arrigoni né la Triestina né nessun altro a fermare la sua immensa voglia di vincere, per cancellare in novanta minuti sei mesi di buio e scelleratezza.
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