Mi ricordo che una delle prime volte in cui il "Mattino di Padova" mi mandò a seguire una partita di calcio dilettanti negli anni Novanta (allora ero una collaboratrice in erba che si barcamenava tra la Prima e la Seconda categoria, se mi davano da fare una squadra in Promozione già era tantissima roba!) capitai nel casalingo campo della Victor di Chiesanuova (la mia parrocchia) che aveva (e tutt’ora ha, anche se non viene più usato per partite ufficiali) il terreno di gioco dietro la chiesa. Era caduta tanta di quella pioggia in quei giorni a Padova che il direttore di gara, dopo aver fatto il giro di campo di rito, non fece nemmeno cambiare i giocatori. Disse a tutti che potevano andare a casa perché lì proprio non si poteva giocare. Ricordo ancora la telefonata a Stefano Edel, allora responsabile della redazione sportiva: "A Chiesanuova non si gioca", gli dissi. E lui: "L’articolo che dovevi fare era l’apertura di pagina – mi rispose – e la pagina è ormai disegnata. Per cui mandami comunque 50 righe". Io scrissi allora un pezzo raccontando che per Chiesanuova quello del campo era veramente un problema, perché non essendo mai al sole (la chiesa davanti gli faceva sempre ombra!) non si asciugava e non vi ricresceva l’erba nemmeno dopo tanti giorni che aveva smesso di piovere. Intervistai il presidente e il capitano di allora e mandai le 50 righe.
Risultato: il giorno dopo uscì un bel pezzone con tanto di foto del campo infangato, con un titolo bellissimo che tutt’ora ho stampato in mente: "GLI IMPANTANATI DI CHIESANUOVA". Venne insomma dato al mio "pezzo denuncia" un bel risalto.
A distanza di quasi vent’anni da allora, mi vien da sorridere. Perché al giorno d’oggi bisogna che scenda Bin Laden in un campo di calcio per far sì che una partita non si giochi. E questo principalmente a causa dell’universo mondo delle pay tv. Quindi chi se ne frega se la palla è una scheggia impazzita che impedisce a chiunque di governarla: bisogna giocare e si gioca, anche con le pozzanghere che arrivano a metà polpaccio.
MI rendo conto che la mia è, ora come ora, una polemica fuori tempo massimo: ormai quello dei campi al limite della praticabilità è un problema che nemmeno più i tifosi sentono come tale. Però la premessa l’ho fatta per sottolineare con ancora più veemenza che, a campo asciutto, Triestina-Padova sarebbe finita con un tanto a poco. Anzi: con un poco a tanto. In condizioni meteorologiche e di campo normali, i biancoscudati, ne sono convinta, si sarebbero imposti e anche nettamente. E il piccolo Faraone, Stephan El Shaarawy, non sarebbe incappato nella brutta giornata in cui invece si è imbattuto.
E’ andata così e pazienza, ma proprio per i motivi di cui sopra considero il punto preso a Trieste un buon punto. Portato a casa da una squadra che comunque non ha mai mollato, che ha preso due pali e fino all’ultimo secondo ha provato a vincere.
Certo, proprio perché di campi come era oggi quello di Trieste a causa della pioggia è piena l’Italia (ce ne sono alcuni che sono così addirittura senza che sia scesa nemmeno una goccia di pioggia!) bisognerà trovare delle alternative alla palla a terra e il compito di Calori dovrà proprio essere quello di rendere i suoi giocatori "duttili" anche sotto questo profilo. Ma sono fiduciosa: sia perché, ribadisco, credo molto nelle capacità di Calori, sia perché sta per rientrare un certo Vincenzo Italiano dall’infortunio, sì quello che i lanci lunghi li mette al millimetro sul piede o sulla testa dei suoi attaccanti…
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