So che molti di voi non condivideranno quello che sto per scrivere. O meglio: pur condividendolo, mi diranno che sono la solita sentimentale, che "el baeon l’è n’altra roba", che sarebbe il caso di sottolineare come il Padova non sia ancora continuo come dovrebbe perché fuori casa non è come in casa, che bisogna ancora migliorare nella fase difensiva eccetera eccetera eccetera. Ma io sono fatta così, probabilmente male ma sono fatta così. E allora eccovi servito un bel polpettone sentimental-calcistico!
Della giornata odierna mi hanno colpito fondamentalmente tre cose.
1) La confidenza di Alessandro Calori in sala stampa quando ha detto che, se Rabito avesse segnato nel finale il 4-1 e Sicignano non gli avesse fatto quel mezzo miracolo, sarebbe entrato in campo per festeggiarlo. "Sarei andato ad abbracciarlo, anche a costo di rischiare l’espulsione. Se l’arbitro mi avesse poi buttato fuori non me ne sarebbe importato nulla. Roger è un ragazzo sensibile che vive lo spogliatoio in maniera forte. Quel gol se lo meritava proprio".
2) L’atteggiamento e la prestazione di Vincenzo Italiano. C’è chi sostiene che il centrocampista siciliano è un gran rompi palle. Che quando non gioca il suo malumore si sente eccome. Che è uno che poi più di tanto la differenza non la fa se bisogna tirare fuori quel qualcosa in più. Lascio a chi pensa questo la sua opinione. Dico solo che, se tutto ciò è vero, allora c’è da essere doppiamente contenti di quel che si è visto oggi in campo. Un giocatore della sua esperienza che, dopo due partite in panchina senza giocare nemmeno un minuto, si fa trovare pronto e con il giusto approccio psicologico alla partita ha capito esattamente il contesto in cui si inserisce. Ha compreso alla grande che che c’è un gruppo che viene prima di ogni singolo. Dunque magari qualche muso può averlo anche piantato, ma non può essere così rompi palle come lo dipingono, no? Lo aveva detto in settimana in intervista. "Se il Padova va bene allora Vincenzo Italiano è contento". Oggi il capitano ha trasformato quelle parole in fatti. E la standing ovation che ha accompagnato la sua sostituzione a pochi minuti dalla fine del match è stata più che toccante. La gente lo ha applaudito ma anche lui ha applaudito la gente, perché si è sentito apprezzato e capito.
3) Le parole di Davide Succi. Il bomber non finisce mai di stupirmi. Ha fatto 14 gol in 14 partite e sono 6 incontri di fila che segna. Eppure mai una parola sopra le righe, mai nemmeno l’ombra di un "sono proprio bravo!", neanche con giri di parole. Prima di tutto c’è sempre la squadra nella sua testa e nelle sue parole. In settimana diversi compagni hanno indicato in Davide un giocatore cui affidarsi e chiedere consigli ma lui ha minimizzato. "Li ringrazio ma io mi sento parte del gruppo e vivo il gruppo esattamente come loro". All’ultima domanda che gli ho posto ("Non è che con tutti questi gol a gennaio diventerai sensibile alle sirene della serie A?") Succi ha poi risposto così: "Quando sono venuto a Padova ho fatto una scommessa con me stesso. E’ ancora lunga la strada per riuscire a vincerla". Chiaro, no?
Tutto quello che ho raccontato potrà anche non avere valore tecnico-tattico.
Ma si tratta di sintomi importanti. Segnali di un gruppo che sta diventando squadra. A pensarci bene, è proprio questo spirito che l’anno scorso ad un certo punto si è smarrito. I giocatori buoni c’erano anche nella passata stagione, ma quando si è perso questo tipo di ‘sensibilità’ si è entrati in un tunnel da cui si è usciti solo al termine della partita di ritorno dei playout. Con questa coesione, la mentalità di Calori in panchina e un Succi in più nel motore sai quanta strada si può fare in più…
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