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DEDICATO A CHI PENSA CHE IL CALCIO SIA ANCORA UNO SPORT ROMANTICO

Ne ho visti di giocatori, in questi anni, affezionarsi al Padova e a Padova al punto da essere disposti a tutto, una volta arrivati di fronte al bivio "rinnovo o non rinnovo", pur di rimanere.

Penso ad Andrea Rabito, che più volte si è detto disponibile a "firmare in bianco" pur di avere la possibilità di continuare a vestire questa maglia (ora gli faccio un sincero "in bocca al lupo" per la sua nuova avventura alla Cremonese). Penso al capitano della promozione in serie B, Paolo Cotroneo, che, il giorno in cui suonò il campanello della redazione di Telenuovo per consegnarmi la lettera di commiato ai tifosi, scritta da lui stesso a penna, mi disse: "Mi si spezza il cuore a sentire Antonio, mio figlio più grande, che mi chiede se, dopo le vacanze in Sicilia, potrà tornare a scuola coi suoi amichetti ad Abano. Come faccio a dirgli che cambieremo città?". Per Paolo il primo pensiero, dopo la fine della sua esperienza biancoscudata, non andò al proprio futuro personale di calciatore, bensì alla famiglia. Paolo era qui dal 2005 quando, l’estate scorsa, il suo contratto terminò e non gli fu rinnovato: i suoi figli, Antonio Maria Karol e Mattia, avevano visto entrambi la luce qui. Difficilissimo strapparli alla loro vita.

Il calcio, come la vita del resto, è fatto così: si abbraccia una causa, si fa la propria parte per far sì che abbia un esito positivo, si vince, si perde, si pareggia e poi, inevitabilmente, si cambia. Oggi però, a questa regola così cinica, ha fatto da splendida eccezione Andrea Cano, che ha rinnovato per il settimo campionato di fila il suo contratto col Padova. Vederlo piangere di commozione nel momento in cui gli abbiamo chiesto quanto la famiglia avesse influito sulla sua decisione di accettare la proposta biancoscudata, ben sapendo che, dal prossimo 27 agosto, il posto da titolare se lo dovrà giocare con due colleghi e non con uno solo come è stato nelle ultime due stagioni con Federico Agliardi, è stata un’emozione incredibile. "Non avrei mai portato via mia figlia da qui, questa realtà è la sua vita". Certo, Cano avrebbe potuto continuare a tenere casa a Montegrotto e fare avanti e indietro dalla sua nuova destinazione, ma lui, della vita della figlia, non vuol perdersi nemmeno mezza giornata, figuriamoci tutti e cinque i giorni feriali della settimana a causa degli allenamenti! E poi Padova è diventata anche la sua vita: lui continua a parlare il suo schietto romano, ma ormai c’è un legame così speciale con la città e la tifoseria che pure nelle sue vene scorre sangue veneto. Altroché se scorre! 

In un momento in cui il calcio è sporcato da scommesse, partite truccate e quant’altro, storie come quella di Andrea Cano fanno bene. Perché ti restituiscono, da un lato, la certezza che esiste ancora il giocatore bandiera, capace di legarsi ad una società e a una piazza a vita e, dall’altro, la consapevolezza che una società di calcio, in questo caso il Padova, è ancora in grado di ragionare col cuore oltre che con i programmi di alta classifica e i bilanci.

E poi la storia del Cano biancoscudato ha tutti i connotati della favola: quando nel 2005 (stesso anno di Cotroneo) sbarcò qui, chiamato da Maurizio Pellegrino, lo fece solo a ritiro finito perché il Padova aveva puntato sul portiere ceco Lejsal e quest’ultimo era stato poi squalificato sei mesi per una combine tra Genoa e Venezia. Quando giocò la sua prima partita ufficiale poi (Padova-Triestina 2-1 Coppa Italia) prese gol facendosi scivolare la palla in maniera maldestra sotto le gambe su un tiro di Godeas. La maggior parte del pubblico dell’Euganeo brontolò. Quello stesso pubblico che, invece, oggi, a sette anni di distanza, dopo una promozione in serie B, un quasi salto in serie A e tante entusiasmanti partite con Andrea Cano in porta da protagonista, ama questo portiere e quest’uomo al punto che, quando è sembrato che per lui a Padova fosse finita, ha chiesto a gran voce la sua permanenza, sfilando davanti alla sede con striscioni e creando una pagina Facebook ad hoc.

Come in tutte le favole che cominciano con qualche complicazione, insomma, non poteva mancare il lieto fine. Che oggi è finalmente arrivato. 

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