Ho visto Il Padova sfiorare la serie A l’anno scorso con Alessandro Dal Canto in panchina.
Ho visto Alessandro Dal Canto mettere insieme, in 26 partite da allenatore del Padova tra il torneo passato e la prima parte del presente, 16 vittorie, 8 pareggi e 4 (dico 4!) sconfitte.
Ho visto il capitano, Vincenzo Italiano, dopo aver segnato il rigore del 3-2 contro il Livorno alla penultima giornata della stagione 2010-2011, correre verso l’allenatore, chiedergli di mettersi in ginocchio, mettersi in ginocchio a sua volta e abbracciarlo forte con tutti i compagni a fare il mucchio sopra di loro.
Ho visto il presidente Marcello Cestaro e il direttore sportivo Rino Foschi ripartire in questo campionato proprio da quel condottiero tanto apprezzato e rispettato dai suoi giocatori, costruendogli una rosa competitiva con cui provare a dar seguito al sogno interrotto bruscamente nella finale playoff persa a Novara.
Ho visto il Padova ripartire col botto lo scorso 25 agosto, ma avere poi qualche battuta d’arresto qua e là (vedi AlbinoLeffe, Varese e Crotone) e nelle ultime tre giornate un periodo di appannamento, che gli ha fatto racimolare solo due punti in tre partite.
Poteva un primo piccolo momento di difficoltà cancellare con un’unica spazzata tutto quello che avevamo visto fino ad oggi? No, naturalmente. Ecco che quindi a Modena, contro la vicecapolista, i biancoscudati hanno dimostrato, con una prova maiuscola, mastodontica, eccezionale e intensa quant’altre mai, che l’incantesimo non è finito. Che la forza del gruppo è intatta, la stima dello stesso gruppo verso l’allenatore non è minimamente stata messa in discussione e l’immensa mole di lavoro svolta fin qui viaggia tuttora a gonfie vele.
La morale della storia è che, non so voi, ma io oggi col Sassuolo ho rivisto il sole. Un sole lucente e intenso più che mai, che ha fatto capolino tra le prime, ma evidentemente piccole, nuvole grigie che si stavano addensando sul cielo biancoscudato. La prossima volta, prima di chiedere la testa di un allenatore che ha dimostrato di sapersi mettere in discussione e saper adattare il proprio credo calcistico alle esigenze della partita e alle caratteristiche dell’avversario, forse è meglio lasciargli almeno il tempo di capire come e dove intervenire per far crescere la sua creatura.
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