Il campo ha parlato. E questa volta è stato inequivocabile.
Per due mesi ci siamo illusi (io per prima, alzo la mano un’altra volta riconoscendo le mie responsabilità) che dentro il tunnel il Padova si fosse cacciato un po’ per caso, non riuscendo poi a venirne fuori per fattori che si continuavano ad accavallare ma senza mai sembrare così irrisolvibili. Alla sconfitta di Lecce abbiamo pensato che si trattasse di sfortuna e non ci abbiamo dato peso, contro l’Empoli abbiamo assistito alla grande rimonta dallo 0-2 al 2-2 per poi perdere 3-2 ma chi se ne frega, la squadra era viva. Col Vicenza non ne parliamo: abbiamo trovato il capro espiatorio nell’arbitro Saccani e nemmeno ci siamo fermati a soffermarci sulle voragini che sempre più profonde si aprivano sotto le gambe dei giocatori. Da lì in poi è stata tutta una caduta libera, ad eccezione del venerdì sera contro il Cesena. Ricordo di aver intitolato un blog "non creiamoci alibi, abbiamo dei problemi" all’indomani della battuta d’arresto coi vicentini. Certo, però, che non credevo fossero questi problemi. Credevo che non sarebbe stato così difficile riaccendere l’entusiasmo e la grande voglia delle prime giornate.
Invece non è stato così. E la debacle non ha avuto niente di casuale. Semplicemente i biancoscudati hanno mostrato il loro vero volto e i loro limiti. Scusate se insisto, caratteriali soprattutto. Non posso pensare che Jidayi sia quello che ho visto oggi. Non posso credere che Di Nardo non veda più la porta nemmeno con il binocolo. Certo, magari qualche giocatore sta mostrando qualche limite anche tecnico. Ma, in generale, è nella testa che non funziona più qualcosa: i giocatori si abbattono facilmente, non sono più motivati e allora rimediano una figura barbina dietro l’altra. La riprova di quello che dico sta nella prestazione di Federico Agliardi: nel primo tempo ha fatto due parate consecutive che neanche il Dino Zoff ai mondiali del 1982, che neanche Gianluigi Buffon dei tempi migliori! Poi però, sul cross di Zammuto, nemmeno toccato da Moscardelli, si è fatto infilare come neanche il portierino che giocava in Seconda categoria nella squadra che seguivo nel 1990 agli albori della mia carriera sarebbe riuscito a fare!
Qualcosa si è rotto: i giocatori si sono montati la testa troppo presto forse o semplicemente non hanno le palle per portarsi fuori dal tunnel di una crisi sempre più nera. Sicuramente l’inesperienza di Sabatini ha fatto la sua parte, come pure la poca autorevolezza della società e degli altrettanto neofiti De Franceschi e Sottovia.
Fatto sta che a questo punto è inevitabile il cambio di allenatore.
Difendendo i giocatori anche nella sua ultima conferenza stampa, Carlo Sabatini ha dimostrato ancora una volta due cose: 1) di essere un signore; 2) di averle provate proprio tutte per raddrizzare la situazione, evidentemente con dei limiti che non è riuscito a superare. Cosa che, invece, non si può dire della squadra.
Ora mi auguro solo che il suo successore, pare Daniele Arrigoni, sappia prendere il toro per le corna e "attaccare al muro" chi di dovere per ottenere una reazione. Un sergente di ferro che faccia loro sputare sudore e sofferenza. Che faccia loro rimpiangere di non aver fatto quel poco che bastava in più per salvare Sabatini. Che tanto ha voluto loro bene.
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