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LA RESA DEI CONTI

Siamo alla resa dei conti. 

Il Padova è con un piede e mezzo in Lega Pro e con l’ennesima figura da squadra debosciata scritta a caratteri cubitali sull’orrendo film di questo campionato.

La retrocessione è la triste realtà cui i biancoscudati si stanno inesorabilmente avviando. Certo, la matematica non ci condanna, Ascoli e AlbinoLeffe potrebbero anche non romperci più di tanto le scatole perchè sono tranquille e il Brescia, all’ultima giornata di campionato, potrebbe anche non essere costretto a giocare alla morte per andare dritto in serie A. Potremmo anche fare 7 punti e arrivare ai playout, dove potrebbe perfino andarci di lusso perchè magari di fronte ci ritroviamo una realtà più sfigata o sfiduciata della nostra. Ma parliamoci chiaro: cosa ha fatto il Padova in quest’ultimo periodo per cercare di salvarsi? Risposta: niente di niente. E allora è più che comprensibile smettere di illudersi che le cose possano radicalmente cambiare nel giro di pochi giorni. 

Quanta ragione ha Meluso quando dice che Cestaro, pur essendo persona perbene e di alto valore morale, sa poco di calcio e ha commesso l’imperdonabile errore di attorniarsi di persone che non sono state in grado di consigliarlo nel modo giusto. Cestaro sa poco di calcio, Sottovia era al primo anno da direttore generale, De Franceschi era al primo anno da direttore sportivo, Sabatini era al primo anno da allenatore in serie B. Ci voleva che almeno una di queste figure avesse una grande esperienza e sapesse anche frenare il presidente quando sbaglia, tirandolo per il colletto. Sì perchè il presidente va "contenuto" nelle sue esternazioni più istintive: che Vantaggiato fosse in condizioni precarie si era visto. Ma se il presidente pubblicamente dice che Sabatini non deve più farlo giocare, non fa che delegittimare l’allenatore che, quando entra in spogliatoio, non ha più l’autorità di farsi ascoltare dai suoi ragazzi. Come fa un tecnico a dare direttive alla squadra quando ciascun giocatore sa che la formazione la detta il presidente? 

Di tutto questo la società dovrà rendere conto a fine stagione. E ce ne saranno di cose da dire, perfino troppe. Ora, a tre settimane dall’epilogo, l’unica cosa a cui ci possiamo aggrappare è quella piccolissima microscopica possibilità di salvare l’unica cosa salvabile dopo che tutto il resto si è perso per strada: LA CATEGORIA. Con il suo attuale rendimento la squadra ha ucciso l’entusiasmo che si era riacceso, ma se a fine anno, non so per quale congiunzione astrale, la salvezza dovesse in qualche modo arrivare, almeno ci saranno le basi per ripartire, per tentare di riconquistare prima o poi l’affetto perduto.

Mi auguro quindi che, dopo non una ma bensì due contestazioni subite oggi (la prima al "Manuzzi", la seconda al rientro all’Euganeo con tanto di lancio di uova e assalto al pullman) i giocatori finalmente si decidano a tirare fuori gli attributi e a dare fondo alle residue possibilità di salvezza. In fin dei conti i tifosi chiedono solo di vedere undici leoni in campo, è così difficile accontentarli?   

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