“Come mai non si rivolge a me per chiedermi se mi sono sentita offesa da questo post? Offende la mia intelligenza, in primis, visto che era un post fatto con me, un complimento a me tra l’altro molto apprezzato da parte del Presidente (Luca Zaia, ndr).
Quello che mi fa arrabbiare è che si banalizza, si ridicolizza questa tematica.
Anziché pensare alle cose importanti si continua a misurare con il contagocce le parole delle persone per poterle attaccare. E poi cosa risolviamo? Niente. Il problema non migliora, ci perdiamo nelle cazzate. Leggere che è stata fatta una cosa grave nei confronti delle donne mi innervosisce.
Sono questi gli atteggiamenti che poi mettono seriamente in difficoltà le donne che veramente hanno un problema grave e poi non vengono ascoltate”.
Queste parole, pronunciate con un’indignazione che esce dal video, sono di Gessica Notaro.
Gessica Notaro, indiganta. Incazzata come una iena, forse è meglio dire.
Gessica Notaro, la 33enne sfregiata con l’acido dal compagno cinque anni fa.
La donna che da allora si batte contro la violenza sulle donne. Con un’intelligenza e una forza, a mio parere, rare e non scontate.
E con chi ce l’ha la Notaro?
Con tale Serena Stangherlin, consigliera comunale di Castelfranco Veneto, che si è sentita offesa come donna da un post fatto dal Governatore del Veneto Luca Zaia su Instagram.
Nel post, il Presidente posa con la Notaro a Fieracavalli. Lui in piedi, lei in sella.
E sotto, quanto segue: “ho scoperto tra l’altro che (la Notaro) coltiva la mia stessa passione per i cavalli andalusi e spagnoli in generale. Animali eleganti ma molto forti e resistenti, come tutte le donne che come Gessica chiedono di avere giustizia per quanto hanno passato”.
Insomma, per la Stangherlin Zaia ha dato del cavallo alla Notaro, essendo donna ha dato del cavallo a tutte le donne, essendo il cavallo un animale, il genere femminile è posto su un piano di misogina inferiorità.
Vi risparmio il virgolettato svolazzante e finto erudito della consigliera.
Dico solo che bisogna darci un taglio. Che bisogna smetterla di vedere in ogni parola un attacco. In ogni frase del sessismo. In ogni gesto l’aggressione. Che la credibilità si perde insieme alle battaglie pretestuose.
Che io, se avessi un minimo di intelligenza, non mi sognerei mai di insegnare ad una donna come la Notaro come ci si difende dalla violenza, fisica o verbale che sia.
La violenza, la subalternità, la discriminazione, il pregiudizio.
Sono problemi veri che pesano come macini. Cercare nelle maglie di un discorso una parola stonata non toglie un grammo di quel peso. Ci butta solo sopra un po’ di ridicolo. Di cui non sentiamo il bisogno.
Negli anni Settanta l’avvocata Tina Lagostena Bassi, in un’arringa diventata celebre disse: “Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, senza bisogno di difensori“.
Lo disse all’interno di un processo per stupro. Un altro contesto, insomma. Ma non del tutto diverso.
Sempre di donne si parla. Sempre di violenza. Sempre di diritti e di voleri.
E sono passati più di quarant’anni da quelle parole. La donna non ci è ancora riuscita, ad essere quello che vuole. A fare quello che vuole.
E, mi viene da aggiungere, non ci riuscirà mai.
Almeno non fino a quando dovrà difendersi, oltre che dalla violenza, dai pregiudizi, dal sessismo, dalla discriminazione, anche da persone pronte, in ogni momento, a vanificare questa battaglia.
E per cosa? Per un momento di noia, di gloria o di semplice stupidità.