Caro Vighini,
ho letto con attenzione quello che hai scritto sulle dichiarazioni di Giorgio Squinzi, patron del Sassuolo e presidente di Confindustria, che minaccia di abbandonare il calcio per i torti subiti dal suo club nell’ultimo campionato. Tu lamenti, comprensibilmente, la mancata reazione dell’opinione pubblica e in particolare dei mass media, definendoli “pennivendoli” senza vergogna.
Giusta la tua riflessione, in effetti Squinzi è uno dei più importanti imprenditori italiani (direi europei), mica l’uomo della strada (che per la verità, se ci pensi bene, gli scandali del calcio li ha sempre profetizzati). E le affermazioni di un presidente di tale livello, dovrebbero far pensare. Vero, tutto vero.
Però… c’è un però. Anzi ce ne sono diversi. Innanzitutto Squinzi non è il primo che se ne esce con sortite del genere. Ricordo, senza andare troppo lontano, Gazzoni Frascara del Bologna, uomo tutto d’un pezzo, che non annunciò, ma si dimise davvero nel 2006 dopo calciopoli (Squinzi lo aspetto al varco). Perfino di Luca Campedelli, che al di là della facciata da impalpabile uomo di mezza età, è tutt’altro che ingenuo e nelle dinamiche del calcio ci sa navigare come pochi, ricordo una conferenza stampa fumantina e polemica nella sala stampa di Marassi qualche anno fa. Immagino si sentisse poco tutelato e sparò ad alzo zero. Poi tornò in letargo a insegnarci che “degli arbitri non parlo mai, è lo stile Chievo”. Chissà, forse come per magia le sue parole ammaliarono di profondo senso di giustizia la classe arbitrale, avvinta da un fremito di idealismo per la favoletta di quartiere, o forse scioltasi come neve al sole dinanzi al riconosciuto carisma campedelliano, il quale non ebbe più bisogno di parlare. Insomma niente di nuovo.
In secondo luogo Squinzi alza la voce, s’incazza, esclama, usa il termine “boiate” (aridaje ha definito così anche la riforma Fornero!). Eppure, siccome ventila una corruzione del sistema calcio, vorrei che anziché limitarsi a darci da intendere, parlasse chiaro, facesse i nomi, ci dicesse con trasparenza cosa e chi sospetta. Sennò è aria fritta.
Infine, ed è la sensazione che ho avuto fin dal principio, questa sparata di mezza estate di Squinzi, mi ricorda un po’ la storia della volpe e dell’uva: l’uva è buona, ma non riesco a prenderla in cima all’albero, ergo è cattiva. Una storiella in voga da sempre nel mondo del calcio, dove si è vergini o puttane a seconda delle convenienze. Vedremo Squinzi, se agli annunci farà seguire i fatti. O se con le “boiate” del calcio si comporterà come con la “boiata” della Fornero. “E’ una boiata ma l’approvo” ha detto pochi giorni fa da presidente di Confindustria. Un ragionamento filato, non c’è che dire.
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