Bando all’emotività. L’errore fatale ora sarebbe quello di pensare che tutto è a posto, risolto, compiuto, che siamo guariti. Invece il Verona è ancora sedato e attenzionato, la riabilitazione lunga, i pericoli di recidiva dietro l’angolo. Va trovata continuità: di prestazione, di attenzione, di risultati. La classifica rimane molto critica, il treno della salvezza ancora distante quattro punti. E, chiariamoci, la prestazione con l’Atalanta non basta, occorre alzare ulteriormente il livello per essere pronti contro avversari che, indipendentemente dalla qualità, saranno più agguerriti e aggressivi.
Ma l’errore sarebbe pure quello di caricare di troppe aspettative e significati la partita di Firenze. Sappiamo tutti che è importante, ca va sans dire, tuttavia non va affrontata con la pressione dell’ultima spiaggia, del tipo “o vinco o muoio”. In questo momento il Verona deve guardare dentro se stesso, non farsi condizionare troppo dalla classifica, o dal calendario (che poi è tosto con Milan, Torino, Napoli, Lazio, Bologna); meglio concentrarsi sul medio periodo, quindi sull’obiettivo di rimanere costanti, prendere sicurezza, trovare un fil rouge di identità, struttura, consapevolezza.
Sogliano ha scelto di confermare Zanetti nel momento più critico. Scelta molto opinabile per chi scrive, ma che conferma il metodo del diesse di provare a risolvere le cose dal “di dentro”, senza scossoni. Una scelta spartiacque, senza ritorno. Significa che ora questa decisione va portata avanti con coerenza, indipendentemente dai risultati nel breve termine. Ergo: se Zanetti deve essere, non si pensi da qui a domenica, ma da qui a due mesi. Dopo la Fiorentina, dicevamo, il ciclo di partite è dannatamente complicato, l’unico fattore realistico è tenere botta. Il Verona invece potrà-dovrà davvero risalire la china da metà gennaio a metà febbraio, quando avrà in fila Cremonese, Udinese, Cagliari, Pisa, Parma. Confidando anche nei rinforzi della finestra invernale di mercato.

