Viviamo il tempo in cui tutto brucia in fretta. Se il campo ormai ha poco da raccontare (mancano un paio di punti alla salvezza), lo sguardo è già al futuro. La settimana scorsa sono rimbalzate vorticose e minacciose le voci sul futuro di Sean Sogliano, il vero deus ex machina del Verona, accostato ad Atalanta e Bologna nel valzer di direttori sportivi che si preannuncia questa estate.
Ora, che Sogliano sia tra i più bravi manager di calcio in circolazione non lo diciamo noi, ma i risultati. Negli anni ha pure ammorbidito quel carattere e quel pizzico di narcisismo che una decina di anni fa, quando era il ds italiano emergente, ne bloccarono l’ascesa. Che sia pronto per il salto di qualità è nei fatti e lui stesso potrebbe avere la (legittima) ambizione di misurarsi con budget più alti e un tipo di mercato diverso. L’eterna condizione pauperista può stancare anche chi del Verona è innamorato (Sogliano lo è sul serio, senza stuccehvoli ruffianerie o istinti da capopopolo): non è semplice ricominciare ogni anno da zero; è logorante ogni stagione sentirsi riproporre la pantomima del “vendi tutto e spendi poco”; e non sempre può funzionare il complicato balletto con procuratori e club, con tanto di formule arzigogolate, per strappare giocatori di talento a costo contenuto.
Sogliano ha 54 anni, è nel pieno della maturità e della carriera, prima di tornare a Verona ha buzzatianamente attraversato il deserto dei tartari (tra B e C pur di avere agibilità manageriale) e ha saputo risalire mantenendo l’integrità professionale e l’amor proprio. Adesso sa che può anche essere arrivato il momento di raccogliere quanto seminato, di prendersi quel che gli è sfuggito nella prima fase rampante della sua carriera (2010-15). È consapevole di vivere il momento in cui certi treni magari passano, con tanto di domanda esistenziale che in questi casi sorgerebbe spontanea a tutti: se non ora, quando?
Ma c’è una verità, che è anche il solco in cui si dovrebbe infilare la nuova proprietà americana. Sogliano, dicevamo, ama il Verona e Verona, e il suo primo pensiero (e auspicio) è vivere il suo upgrade con l’Hellas. Budget più alto, mercato di fascia media (sulla falsariga di Torino e Genoa), qualche ambizione in più. Il ds avrebbe già tutto chiaro in testa: con maggiori disponibilità saprebbe già in quale direzione di mercato andare, quali giocatori confermare e quali inseguire e trattare. Attenzione, il suo metodo non cambierebbe: si andrebbe sempre perlopiù su giocatori mitteleuropei (Germania, Francia, Paesi Bassi, Slovacchia) e sudamericani da valorizzare e lanciare, ma di fascia più alta, quindi più forti e più pronti (anche fisicamente). E ci sarebbe spazio anche per qualche italiano.
Ma, dicevamo, spetta appunto a Presidio Investors cogliere i desiderata di Sogliano, tocca agli americani declinare in chiave razionale (leggi programmazione) i sentimenti del nostro ds, la cui volontà e passione sono un buon punto di partenza, ma da sole non bastano. Al di là delle “supercazzole” oratorie del buon Zanzi, ancora oggi non sappiamo sostanzialmente nulla delle idee della nuova proprietà. Parole più concrete sarebbero gradite, ripartire da Sogliano però sarebbe una garanzia ancora più importante.