DOPO L’AUTO-COMPENSO (MILIONARIO), ARRIVA L’AUTO-ELOGIO

Le dichiarazioni di Setti? Lunari e quindi incommentabili. Perché non val nemmeno la pena spendere due righe per chi afferma che il Verona di oggi è più forte di quello della scorsa stagione; o per chi dopo anni di slogan ragionieristici (“prima il bilancio” e il “Verona si deve auto-sostenere”), con le spalle al muro e impopolare tra opinione pubblica e tifosi, cambia subitaneamente narrazione e cerca forse di commuovere la platea spiegando che il club nel quale lui auto-percepisce compensi milionari “spende più di quanto incassa”. Cosa dire? Ascoltate le sue parole, auguriamo sinceramente a Setti, come faremmo con chiunque, tanta salute e di tornare a dormire sereno.

Del resto la conferenza stampa di ieri del presidente del Verona è un triste, affannato, crepuscolare, narcisistico soliloquio, in cui mancava solo che si facesse l’applauso da solo. Non una mezza autocritica, il barile delle colpe scaricato sui collaboratori (“sono tutti in discussione”), e anzi l’auto-elogio, non bastasse l’auto-compenso: “Ho molti meriti in questi dieci anni” (rispetto, ca va sans dire, alla storia del Verona).

Resta l’ennesimo scempio dopo i campionati di Gardini-Bigon del 2015-16 e Fusco-Pecchia del 2017-18. Il solito smantellamento dopo una manciata d’anni discreta, con ricchi diritti tv (ininterrotti dal 2013, considerando tali anche i paracadute) e plusvalenze. L’ennesima altalena, come scrivevo lunedì scorso, di investimenti e disinvestimenti (i risultati sportivi sono una conseguenza). E come da tradizione quando butta male, le conferenze stampa piene di vuoti, vaghezze e alibi. Un déjà vu che non ci viene spiegato, perché forse non tutto può spiegare. Ma quantomeno Setti ci risparmi inutili parole. E’ già dura sopportare questa agonia.

SETTI? PRESIDENTE VOLUBILE E INAFFIDABILE

Com’è che faceva quella vecchia canzone? “Ho perso le parole…”. Del resto dopo anni che spiego chi è Maurizio Setti, fatico oggi a sottolineare e rinverdire ciò che si sta palesando – ora agli occhi di tutti – come ovvio.

Eppure, cinque-sei mesi fa mi ero illuso anch’io, pensando che un (lieve) tentativo di consolidamento del club e della categoria fosse in atto. Invece il presidente del Verona si è confermato quello di sempre: l’uomo dei chiari di luna, della crescita e (quando meno te lo aspetti) dei ridimensionamenti repentini.

Assistiamo allo stesso film per la terza volta dopo l’esperienza del tandem Gardini-Bigon nel post Sogliano, alla fosca parentesi di Fusco (con Pecchia e una retrocessione che a detta di molti è sembrata programmata) e adesso alla cura dimagrante di Marroccu dopo gli anni brillanti con Juric, D’Amico e Tudor. A proposito, all’ex collaboratore di Cellino dovrebbero perlomeno risparmiare le interviste (ieri una nuova perla: ha detto che la “squadra è talmente debole e fragile”, ma di grazia chi l’ha costruita?).

Con Setti il Verona non può avere continuità. Mai l’ha avuta e mai l’avrà. Certo abbiamo sottolineato più volte come siano piuttosto strani questi ripetuti mutamenti subitanei di linea economica, con disinvestimenti e smantellamenti in picchiata. Nonostante dal 2012 il club incassi corpose plusvalenze e diritti tv sempre più ricchi e non si siano mai palesati grandi problemi di bilancio che giustificassero il passo del gambero. Abbiamo visto il Setti ranzanesco senza remore che dava carta bianca a Sogliano; quello che ci diceva che Sogliano aveva speso troppo, ma intanto con Gardini firmava un milionario quinquennale a Pazzini che aveva conclamati problemi al ginocchio; quello titubante e risparmiatore con Fusco; quello tornato  gradualmente a investire con Juric (con l’ingaggio di giocatori sconosciuti al grande pubblico ma nazionali già noti agli addetti ai lavori, vedi Amrabat che aveva fatto Champions e Mondiali) e soprattutto Tudor; quello che la scorsa estate ancora una volta è tornato indietro e  ha smobilitato tutto, nel momento che meno te lo aspetti, al quarto anno consecutivo di serie A, cioè quando un club dovrebbe stabilizzarsi e continuare nella graduale crescita.

Sul piano aziendale (cioè dell’azienda calcio) non troviamo una logica in questa volubilità. E la cronistoria dei fatti, quella sopra elencata, rende Setti un presidente di calcio inaffidabile.

L’EQUIVOCO. NON POSSIAMO (PER ORA) SOSTENERE IL GIOCO ALLA JURIC

Fragile e delicato, il Verona. Gira che ti rigira, molti nodi restano lì da sbrogliare. Bocchetti ha certamente migliorato il Verona – pressing alto, il vecchio codice di Juric dell’uomo contro uomo, squadra di nuovo compatta – ma rimane la sensazione di fondo di una squadra vulnerabile, che ce la mette, eccome se ce la mette, ma poi si scioglie sul più bello. Con il Milan un gol preso in contropiede, con il Sassuolo infilati con facilità disarmante. Nel mezzo, quello che è oggi l’equivoco di fondo: se vuoi applicare il (dispendioso) calcio di Juric, devi avere una condizione atletica che sappia supportarlo.

Per tacere della qualità dei giocatori. Juric, pur senza un centravanti degno di nome, schierava sulla trequarti Zaccagni e Pessina e l’anno dopo Zaccagni e Barak, collanti determinanti per il suo gioco; nonché difensori di razza che sfruttavano la preparazione maniacale del tecnico croato nella fase di non possesso e ti vincevano i famosi uno contro uno in quelle (poche) circostanze che, perso il pallone, ci si trovava scoperti. Tudor è riuscito a riproporre, a suo modo, un copione simile anche senza buoni difensori (a parte Casale), approfittando abilmente del talento offensivo dei tre funamboli da 40 gol e svariati assist, Simeone, Caprari e Barak.

Ecco, non nascondo una mia perplessità: si è scelto Bocchetti per spendere poco  (in linea con il mercato estivo di smantellamento) e per ridare ancora una volta, come un anno fa con Tudor, continuità al verbo del mentore Juric, come richiesto anche dai senatori della squadra (checché ne dica Setti che, smentendole piccato, ha confermato le pressioni dello spogliatoio). Eppure la domanda è lì sospesa: possiamo giocare come Juric (e Tudor), pur privi della medesima condizione atletica e dei giocatori adatti? E se la condizione atletica arriverà (sia benedetta la pausa dei mondiali in Qatar), dal mercato di gennaio non aspettiamoci nulla. Setti lo conosciamo.

BOCCHETTI FORTE, MARROCCU DEBOLE. LA SPERANZA PARTE DA QUI

Perfino la massima di Marx è stata superata: “La storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda in farsa”. Setti, nel suo piccolo, è oltre alla farsa dacché è già alla terza replica dopo l’infausto interregno Gardini-Bigon e la gestione sconcertante di Fusco.

Questi tempi di Marroccu infatti lasciano sbigottiti oltremodo: il diesse prima ha smembrato la squadra cinque secondi dopo aver dichiarato incedibili i suoi big; poi (fin dall’estate) ha creato un cratere intorno a Cioffi, a forza di ultimatum che hanno logorato l’allenatore toscano; infine ha provato a imporre il pluri-esonerato e più volte retrocesso Diego Lopez, che aveva allevato a Cagliari e si era portato dietro anche Brescia. Setti lo stava assecondando finanche sul tecnico sudamericano – che per non farsi mancare nulla si è fatto licenziare pure in Cile – salvo poi fare retromarcia per il niet dei senatori della squadra.

Ora, in una situazione normale, in qualsiasi azienda, una figura come Marroccu – colpito dalla perfetta nemesi (a furia di indebolire Cioffi, si è indebolito anche lui) – sarebbe stata allontanata, ma il calcio di normale non ha nulla e, conoscendo Setti, non ci aspettiamo niente di simile.

In tutta questa commedia da B-Movie, speriamo di salvarci dalla B che conta, quella calcistica. Una speranza c’è, nonostante la classifica, gli enormi limiti tecnici della squadra e l’inesperienza di Bocchetti, nuovo allenatore e anche allenatore nuovo, alla sua prima panchina professionistica. La speranza si nutre proprio delle ragioni che hanno portato Setti a scegliere Bocchetti. Il quale, con due allenatori (Di Francesco e Cioffi) a libro paga e il ridimensionamento estivo, è certamente una scelta di ripiego (altrimenti firmava Andreazzoli), ma che è stato voluto dal gruppo storico. E questo crea una cerniera tra lui e lo spogliatoio e una barriera con il resto del mondo, compresa qualche figura in sede.

Insomma, Bocchetti è già forte in partenza, mentre Marroccu lo è senz’altro meno. Non male per (ri)cominciare.

SETTI SCHERZA CON IL FUOCO, MA CIOFFI NON SIA LA VITTIMA SACRIFICALE

Paracadutati di tutta Italia unitevi. Il riferimento oggi corre soprattutto alle elezioni politiche e a una legge elettorale che permette, con buona pace della territorialità, di calare dall’alto i candidati in collegi che nulla c’entrano con la città di origine o di residenza.  

Parlando di cose più serie, quindi di calcio (“la cosa più seria tra le meno serie” Sacchi dixit), uno degli antesignani del paracadute non può invece che essere considerato Maurizio Setti, che ha già usufruito del notevole “premio a perdere” nel 2016 e nel 2018. E, facendo gli scongiuri, mica pensiamo che gli servirà anche nel 2023. Lo ripetiamo, per quanto il presidente del Verona abbia colpevolmente smantellato la squadra, in questa mesta e modesta serie A tre più scarse di noi sulla carta ci sono.

Epperò, va detto, Setti ha scelto ancora una volta di giocare con il fuoco, come fece nella disgraziata stagione di Pecchia. Poi sappiamo quanto fu difficile (e fortunoso!) risalire con Aglietti, ché se fosse stato per Grosso… Il paracadute infatti ti aiuta una stagione, ma se non risali subito poi entri in un ginepraio che sai dove cominci ma non sai dove finisci.

Imputo a Setti non tanto di aver venduto (ci sta). E non voglio nemmeno tornare a soffermarmi sul “a quanto” lo ha fatto (evidentemente sotto-prezzo, ma qui entreremmo in un discorso più ampio sulla debolezza negoziale del Verona al calciomercato). L’errore davvero imperdonabile, perché nulla c’entra con il vil denaro, è la gestione, il come tutto ciò è avvenuto. Insomma, i modi e i tempi, perché quei modi e quei tempi hanno cambiato le carte in tavola last minute all’allenatore e hanno dato un messaggio pericoloso ai big poi rimasti: illudendoli che il Verona fosse una stazione di passaggio, li si è resi scontenti. Ciò ha creato per forza di cose qualche squilibrio nello spogliatoio. E le imbarazzanti dichiarazioni estive del nuovo direttore sportivo non hanno certamente contributo a rasserenare il clima.    

E qui veniamo all’allenatore. Non è difendibile in eterno, sia chiaro (e sulle sue incertezze ci torneremo), ma prima di metterlo in discussione deve essere proprio la società a impegnarsi per riportare tranquillità in seno alla squadra. O è stato deciso che, male che vada, è Cioffi la vittima sacrificale?  

MA IL VERONA È ANCORA UN BENE PUBBLICO?

Sarà un campionato di sola sofferenza. Mettiamocelo in testa e immergiamoci con consapevolezza da psicanalisi nella prosaica realtà delle cose. Il Verona dovrà costruire la sua salvezza punto per punto, rosicchiando con le unghie e con i denti quello che viene di partita in partita. I tempi di vacche grasse sono finiti: Setti ha smantellato ciò che poteva smantellare (è il suo business, il calcio è quasi un pretesto, un contenitore, conta unicamente l’aspetto finanziario), perdendo 40 gol davanti senza rinforzarsi dietro – porta e difesa l’anno scorso sono stati problemi nascosti dalla forza d’urto offensiva.

Vedremo cosa ci riservano questi pochi giorni che restano di mercato. Si parla di un trequartista e certamente imprevedibilità e fantasia servono come il pane. Tuttavia non basta: aggiungiamoci, almeno, anche un difensore e una seconda punta, perché pur essendo un estimatore di Lasagna (ricordiamoci che era nel giro della nazionale e comunque in serie A c’è ben di peggio) è stato lo stesso Cioffi ieri sera ad ammettere che con il suo sistema di gioco l’ex Udinese rischia di essere un pesce fuor d’acqua: “Lasagna, se giochiamo pressando alto, fa fatica” ha detto l’allenatore. E, vecchia storia, una riflessione andrebbe fatta sull’affidabilità di Montipò.

Eppure, nonostante tutto, il Verona può lottare per salvarsi. Con fatica, dolore e sofferenza, come ho scritto, ma tenersene dietro tre non appare impresa titanica. E Cioffi è un tecnico di carattere e con delle idee. Anzi, lui e i giocatori possono dare un senso romantico (il romanticismo che nasce dalla sofferenza e che a volte crea l’epica) a questo nostro campionato che si annuncia privo di bellezza tecnica e calcistica.

Su Setti: chiedersi se potrebbe fare di più, o queste invece sono le sue possibilità non ci porta da nessuna parte. Setti è semplicemente questo perché questo è il suo (solo) modo di fare business. La domanda vera è: l’Hellas è ancora un “bene pubblico”? Il calcio è ancora cosa “popolare”, o è solo un affare oligarchico? Nella prima ipotesi istituzioni, tifosi, stampa e città dovrebbero agire per condizionare (in meglio) l’operato del presidente e chiederne conto dopo un calciomercato così imbarazzante al quarto anno di serie A consecutivo. Altrimenti lasciamo perdere e perseveriamo nel pensiero modesto del “va bene tutto” e del “non disturbare il conducente”, come se il Verona fosse una linea di autobus.

I CHIARI DI LUNA (POCO CHIARI) DI SETTI

Potrei lasciare questo spazio bianco. Dopo nove gol presi in due partite, che vuoi dire? Disquisire di puro calcio nella situazione in cui versa il Verona mi sembra surreale, a meno che non si voglia imitare quel giornale che alla vigilia di Verona-Napoli esortava i gialloblu a tirare fuori la grinta. Il presidente sta vendendo tutto il vendibile, lo spogliatoio è distrutto, ma si parla, restando seri, di “grinta”. E poi ci si chiede perché i giornali non li compra più nessuno…

Potrei lasciare questo spazio bianco. Perché di Marroccu ha già detto tutto Cellino (“un errore averlo ripreso”), del quale ogni cosa si può pensare ma non che non sappia fare calcio. Peraltro il sottoscritto aveva espresso forti riserve sul direttore sportivo del Verona ancora prima che firmasse. Mi chiedo solo: con quale credibilità può restare un dirigente che, forse credendosi Moggi senza avere peraltro un grammo del suo carisma e delle sue capacità, andava a spacciare per incedibili giocatori che erano già sul mercato e che, se permettete un giudizio anche rispetto alla cifre emerse, non sono nemmeno stati ceduti bene?

Ma è chiaro che il problema sta sempre a monte. Più volte e per più anni ho sottolineato i chiari di luna della gestione Setti, piuttosto volubile sul piano finanziario: prima danarosa, poi pauperista (leggi periodo Fusco), poi in risalita (con D’Amico, Juric e Tudor) e ora smobilitante. Verrebbe da chiedersi il perché…Non c’è una logica sportiva (avevi consolidato e creato un club di medio livello in A e ora che fai, cancelli tutto?), fatico però a trovarne anche una economica. Ma certamente avrà dei limiti lo scrivente…

In questo malinconico scenario, fa tenerezza l’allenatore, quel Cioffi i cui lai disperati ormai si palesano senza più inibizioni: “E’ da giugno che aspetto giocatori importanti”; “l’addio di Caprari non era previsto” eccetera eccetera. Nel suo piccolo (molto piccolo) sembra Draghi al Senato durante la fiducia, quando il premier, probabilmente stanco dei litigi, ha fatto di tutto di tutto per farsi cacciare attaccando frontalmente i primi due partiti per peso parlamentare. Certamente le proteste di Cioffi non lo rafforzano, non a caso è già dato a rischio esonero.

Potrei lasciare questo spazio bianco, ma non lo farò. I mass media hanno il dovere di vigilare. Senza retorica, il Verona è innanzitutto un bene della città. E non ci si può approfittare nemmeno della passione dei tifosi, che ci sono e ci saranno sempre. A Setti loro chiedono il giusto: qualche enfatico cerimoniale in meno (peraltro fatto male) per presentare le maglie e una squadra dignitosa.

SUPERMARKET HELLAS, MA SETTI È COERENTE

Chissà un giorno faremo il centro sportivo… per farci giocare i magazzinieri. A meno che Setti non decida di mettere sul mercato pure loro.

Concedetemi la battuta, mi serve solamente per sottolineare un aspetto più serio che ritorna sempre. Ma prima un suggerimento: non sconcertatevi per la campagna di “liquidazione” dei migliori giocatori della rosa. E non perché nella vita ci sono cose più serie (tipo la siccità, per dirla con lo “zio” di Benigni in Johnny Stecchino) – il calcio è roba seria, “la cosa più importante tra quelle meno importanti” Sacchi dixit – ma perché Setti, alla fine, rimane coerente con ciò che ha sempre fatto. Tenere la gestione piana (con una parola fighetta e alla moda potremmo dire “sostenibile”), vendere quelli bravi a prezzi… concorrenziali per compiacere e ingraziarsi il sistema politico del calcio (ergo i presidenti che contano, sarà un caso ma noi trattiamo i giocatori perlopiù con Lazio, Monza e Napoli) e nel contempo fare business.

Il calcio nella sua sostanza, (cioè l’ambizione, la ricerca del miglioramento tecnico, il consolidamento in alto) per Setti è un orpello, un contenitore e non il contenuto, se volete il pretesto o un volano per il business. Insomma più che calcio, qui sembra finanza (tutto legittimo e, aggiungo, Setti non è il solo, è il calcio di oggi). Non a caso, come ha scritto Vighini, anche quando si parla di calciatori, in sede comanda l’amministratore delegato e non il direttore sportivo, chiunque esso sia. Per questo Tony D’Amico ha salutato. Idem lo stesso Juric, magari con un anno d’anticipo (e per quanto Cairo abbia il braccino non paragonatelo a Setti dai…). Per tacere di Tudor. Chi è arrivato al posto loro è probabilmente più accomodante (Marroccu), o è semplicemente un emergente a cui questo Verona per ora può andare bene (Cioffi).

Quindi non stupitevi se Setti parla da anni di investimenti immobiliari (la nuova sede realizzata, il centro sportivo che è un po’ come il Godot di Beckett, lo stadio…lasciamo perdere, ricordate quello fantomatico dei messicani a cui credeva solo Sboarina?) e poi ogni estate vende con disinvoltura i migliori giocatori. Da anni lo chiamo ironicamente “la penna più veloce del nord-est”, per la subitaneità nel vendere i calciatori bravi.

Ma non c’è contraddizione in questo, anzi. È il famoso piccolo cabotaggio che racconto da anni. In attesa di capire cosa Setti deciderà da grande: il Verona o il Mantova?

È UNA MEZZA RIFONDAZIONE, MA CIOFFI È BRAVO

Ho letto le dichiarazioni del nuovo ds Marroccu e del nuovo allenatore Cioffi. Do loro il benvenuto. Marroccu ha detto solennemente che le cessioni saranno limitate, ma poi vai a vedere e Simeone, Ilic, Barak, Casale sono già tutti al passo d’addio. Cancellieri se n’è già andato. Parliamo di quattro titolari dei sei più forti (con Tamezè e Caprari) e di una riserva che è un crack a livello italiano. A casa mia questa si chiama una mezza rifondazione.

Del resto Setti non ha la forza (e ne l’avrà mai) di vendere un solo giocatore ad almeno 25-30 milioni. Perché il suo potere contrattuale, rispetto ai club più danarosi che comprano e rispetto agli agenti, è limitato. Per cedere a tanti soldi devi blindare i tuoi top-player con contratti più lunghi e più ricchi, solo a quel punto puoi sedere al tavolo delle trattative con leadership negoziale. Ma la politica di Setti è quella di una gestione lineare, piana, con investimenti limitati e plusvalenze più basse (ma sufficienti per alimentare il club e fare business per sé). Pertanto l’Hellas, per arrivare al budget di guadagni prefissato, deve privarsi di più giocatori.

Peraltro l’impressione è che quest’anno la società abbia deciso di ridurre di qualcosa il budget rispetto all’ultima stagione. Del resto, intendiamoci, da anni in Serie A ti salvi (se vai alto) con 35-36 punti, nell’ultimo campionato la Salernitana ci è riuscita addirittura con 31. Insomma, mentre sfangarla è pratica agevole, per retrocedere serve un’impresa titanica da kamikaze. Perché mai Setti dovrebbe svenarsi?

Ma come ha ricordato Marroccu, sarà un campionato particolare per la lunga sosta invernale dei mondiali. Occorrerà lavorare in maniera diversa e molte variabili potranno incidere. Non nascondo però che Cioffi mi piace, anche se Udine non è Verona (per pressioni e piazza). Ma il nuovo allenatore sa lavorare bene sul campo e mi dicono che abbia anche forte temperamento. Era necessario un cambiamento, ben vengano le energie fresche. Il Verona è al quarto anno di fila in serie A (non succedeva dal ciclo di Bagnoli 1982-90), ma per certi versi è quasi un anno zero. Non potevamo riaffidare la squadra a Tudor, che ha vissuto di Juric, il ciclo degli ultimi tre anni andava chiuso. Ora il Verona riparte.  

TUDOR ADDIO INDOLORE. DS E FUTURO DI SETTI LE PARTITE CHE CONTANO

Sono giorni per me frenetici e felici. Sono diventato papà di una splendida bambina e ho seguito un po’ marginalmente le ultime vicende del Verona.

Sull’addio di Tudor dedicherei poche righe: ho scritto di recente che di prammatica meritava la conferma e Setti gli ha dato giustamente la priorità, ma non è un divorzio doloroso e importante come quello con Juric. Tudor ci ha messo del suo nel Verona 2021-22 e gli è stato riconosciuto, ma è stato anche molto bravo a vivere di rendita del lavoro del predecessore. Quel ciclo iniziato nel 2019 però ora si è chiuso, tra partenze e veterani ormai un po’ spremuti.  Non so se Tudor sarebbe stato in grado di ricominciarne uno nuovo. Lo ha capito lui stesso e infatti e se n’è andato. Non è un caso se l’ex Juve ha cambiato nove squadre in dieci anni.

Non c’entra nulla la sua partenza con l’addio di D’Amico. Sono due fatti separati. Anzi, se Tony fosse rimasto è probabile che si sarebbe indirizzato verso altri allenatori. La separazione con il diesse non è cosa banale. Detto che è Setti che fa il mercato che conta, quello dove girano soldi e operazioni di prim’ordine, deve però arrivare un sostituto che abbia voglia di fare calcio, non un amico dei “soliti” procuratori. Non vorrei rimbalzare con la macchina del tempo ai giorni dei Bigon o Gardini (Fusco è un capitolo a parte, venne come esecutore della spending review). Giusto per capirci: Marroccu del Brescia non mi convince, Accardi dell’Empoli sì.  

L’allenatore Cioffi invece è un profilo interessante, emergente ma già sufficientemente esperto di serie A. Non lo conosco sul piano caratteriale e quindi sospendo il giudizio: a Verona hanno avuto successo sempre e solo i tecnici di forte temperamento e non i “teorici”. Da Bagnoli a Prandelli, passando per Mandorlini e Juric. Tradotto: conterà molto l’adattamento psicologico di Cioffi alla piazza.

Infine, il futuro di Setti a Verona. Entro il 2024 deve scegliere tra Hellas e Mantova, evidentemente è il Verona l’affare vero. Venderlo vorrebbe dire per lui fare il business della vita. Gli avverbi chiave (e interconnessi) sono “a quanto” e “quando”. Lui lo ha detto chiaro e tondo: “Il Verona vale più di 130 milioni”. Significa che ancora vuole temporeggiare. Se lo può permettere.