Il Verona, che ha onorato il suo campionato, nelle ultime due partite ha un po’ mollato. Siamo ormai alla fine e quindi poco si può rimproverare. Peccato solo per quei ventimila che sabato contro il Torino hanno dato ancora fiducia alla squadra in una partita di fine stagione: cosa rara e commovente.
Commoventi (e sincere) anche le parole di Juric in sala stampa. Il grande ex a Verona ha lasciato il cuore. Tanti non lo hanno perdonato e si può capire: l’addio è stato spiccio e brutale nei modi. Ma le scelte professionali, nel calcio, quasi mai sono una questione di cuore. Nulla toglie a quello che ha fatto Juric a Verona e a quello che è Juric come persona. Il tempo rimarginerà la ferita.
Siamo alla fine e non si sa nulla del futuro. D’Amico è destinato a cambiare aria, Tudor invece non si è mai sbilanciato. L’asciuttissimo tecnico croato, che non brilla per espansività e simpatia, merita la riconferma. Il prossimo campionato sarà la prova del nove: quanto ha vissuto di rendita e quanto ci ha messo del suo? E quanto hanno inciso i giocatori?
Già i giocatori. Barak è sicuro partente, Casale gli andrà dietro. Balla ancora invece il futuro di Caprari, Simeone, Tameze. I gioielli sono tanti, ma servirebbe un segnale nuovo da parte di Setti: due cessioni al massimo (Barak e Casale), altrimenti sarà l’ennesima rifondazione. Mi aspetto il definitivo salto di qualità di Ilic, ancora troppo discontinuo, incerto e timido. Il suo talento merita di più.
A proposito di Setti. Sarà lui l’uomo del nuovo centro sportivo? Le voci (mai smentite) di una cessione della società corrono. Il calcio cambia, i fondi stranieri prenderanno sempre più piede. Sarebbe da capire se sarà l’attuale proprietà a costruire (o rilevare) un centro sportivo, o se dovremo aspettare nuovi capitali. Di certo pare naufragata l’ipotesi dello stadio dei messicani, tanto voluto da questa amministrazione comunale, ma che avrebbe allontanato qualsiasi nuovo investitore dal Verona. Chi comprerà il club lo stadio se lo vorrà costruire in proprio.
Infine fatemi concludere con un applauso al mio amico Marco Gaburro. Per lui quella con il Rimini di ieri è la quarta promozione dalla D alla C in carriera. La terza negli ultimi quattro anni. Ora a 49 anni merita di giocarsi la sua chance in serie C.