L’ennesima controprova la si è avuta ieri a Grosseto: il Verona e Mandorlini rendono di più se sottopressione. I gialloblù, quest’anno, non hanno mai sbagliato le partite “spartiacque”, quelle giocate a termine di settimane “chiacchierate”, nelle quali la critica – solitamente all’acqua di rose qui a Verona rispetto ad altre piazze calde, come ben ha sottolineato giovedì scorso al “Vighini Show” Giovanni Vitacchio – era stata un po’ meno tiepida e più pressante ed aveva messo in discussione società, allenatore e giocatori. E, soprattutto, la stessa la società aveva messo sotto la lente di ingrandimento il lavoro dell’allenatore e il rendimento della squadra.
“Troppi complimenti fanno male” disse a suo tempo Maurizio Setti parlando della sua idea di azienda e di società calcistica. Ha ragione. Io aggiungo che la cortigianeria, la libertà di applauso non fanno bene. Rilassano. Il Verona è il Verona, ha storia, tradizione, passione e di conseguenza aspettative. Ed è stato costruito per vincere, col primo budget della serie B per stipendi e valore di mercato (in estate) di giocatori e staff tecnico. Allenatore e giocatori dunque non devono abbassare la guardia proprio ora, alla vigilia della partita più importante e, peggio, bearsi di questi tre punti. Non deve farlo soprattutto la critica, i media, che hanno il dovere di fare la parte del poliziotto cattivo e sono lì per ricordare la realtà. Abbiamo vinto con l’ultima in classifica (che ha battuto il Sassuolo in casa sua, lo so bene, ma è pur sempre il fanalino di coda, ricordiamolo, sennò poi ci gasiamo) e ad oggi, a 12 partite dalla fine, saremmo ancora ai play off, quindi sotto l’obiettivo prefissato.
Venerdì col Livorno Maietta & C. dovranno pensare proprio a questo. Non hanno fatto ancora niente, ma si può cominciare a farlo. Andiamo a prenderci il secondo posto, è il momento è giusto. La serie A è lì a due passi.
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