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IL CASO CACIA: E’ LA TRASPARENZA LA NUOVA FRONTIERA

Misteri della fede. O più laicamente della medicina.  Dubbi amletici e perduranti. Voci che si rincorrono, silenzi-assensi, dichiarazioni e smentite stizzite. Roba da forte emicrania causa labirintite acuta. Cos’ha Daniele Cacia? Da tempo si dice che il bomber calabrese soffra di pubalgia. Lui, martedì sera, forse su di giri per essere tornato al gol – sebbene più per demeriti di Leali che meriti suoi – ha smentito tutto, piuttosto seccato anche: “Ho avuto solo qualche acciacco, ne pubalgia ne niente, qui qualcuno parla di pubalgia e magari non sa nemmeno cos’è la pubalgia e parla così per parlare. Sto bene altrimenti non sarei sceso in campo”. Premesso che Cacia è forte e se stesse davvero bene non sarebbe partito dalla panchina due volte nelle ultime tre partite, la vicenda sarebbe grottesca se non fosse maledettamente seria. Perché chiama in causa il club e il suo attaccante più forte.

Andiamo con ordine. Il primo a fare outing a margine della sconfitta di Novara, è Nicola Binda, prima “firma” della serie B alla Gazzetta dello Sport. Binda, notoriamente in ottimi rapporti con l’attaccante di Catanzaro, scrive: “Cacia soffre di pubalgia”. Qualche giorno dopo, ufficiosamente (quindi off records) Roberto Bordin, vice di Mandorlini, conferma raccontando di quando, da calciatore, ne soffriva lui. Ma è il ds Sean Sogliano nella famosa conferenza stampa “dobbiamo giocare da outsider” a togliere ogni dubbio. Dunque non ci si scappa: se ha ragione Cacia (non credo, molti calciatori negherebbero pure un raffreddore di stagione pur di giocare, ma ne sarei lieto perché Cacia sano significa serie A sicura) hanno torto il suo ds e il suo viceallenatore, che hanno riportato ai giornalisti cose sbagliate. Se fosse il contrario, sarebbe fuori luogo la rabbia e l’orgoglio bilioso del centravanti davanti a microfoni e taccuini.

A molti può sembrare una nota a margine, di poca importanza, in particolare dopo la vittoria di Lanciano, fortunosa ma fondamentale nella corsa promozione. In realtà lo snodo è cruciale. In primis perché stiamo parlando non di un panchinaro qualsiasi, ma del cannoniere del Verona, del giocatore più importante (e pagato) dell’intera rosa, quello che in base ai suoi gol o alle sue “stecche” ha sempre cambiato nel bene o nel male i destini gialloblù, pertanto i tifosi hanno il diritto di sapere. In secondo luogo perché “una società seria quale noi siamo” (il mantra di Sogliano) è seria anche nella gestione di queste delicate questioni. E che serietà c’è se società, staff tecnico e calciatore danno visioni contrastanti di un’analoga vicenda?

Assodato che nell’era di internet e dello streaming  escono, per inerzia, anche gli spifferi (questo lo dico a coloro che rimasti al medioevo credono che certe notizie non dovrebbero uscire), un club mediante l’ufficio stampa e lo staff medico dovrebbe quotidianamente aggiornare e comunicare il “bollettino medico” ai media e ai tifosi, possibilmente in modo particolareggiato (coi limiti imposti dal buon senso e della privacy nei casi gravi, ovviamente). Le bugie o, come in questo caso, gli omissis, anche se a fin di bene, oggi hanno le gambe sempre più corte, specie se sono numerosi i network che ti seguono. E’ la trasparenza la via maestra, la nuova frontiera da seguire per evitare il rincorrersi di voci spiacevoli e infine distorte (secondo il meccanismo del “telefono senza fili” a cui giocavamo da bambini). Piaccia o meno, fornire notizie oggi è rimasto l’unico modo per controllarle.

 

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