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QUESTO E’ IL PRIMO VERO DERBY

Non è il derby di dodici anni fa, il primo in serie A. E nemmeno quello del 1994, il primo (in B) in assoluto. Il clima dell’epoca, ecumenico e un po’ asettico da “festa della città”, ha ora lasciato spazio alla rivalità sportiva. Nel 1994, ma anche nel 2001, la Verona non strettamente tifosa si dichiarava neutrale. Adesso l’impressione è che una parte dei cosiddetti “moderati” sia tendenzialmente pro Hellas, quasi che il “fenomeno simpatia” del Chievo si sia via via attenuato col tempo. D’altro canto, il Chievo ha meno sostenitori rispetto ai migliaia che assiepavano il Bentegodi nel 2001-02, ma più tifosi veri, che saranno pochi (in rapporto al Verona), ma senz’altro più appassionati e organizzati in confronto ad allora.

Credo ci sia un paradosso di fondo che spiega la cosa. Il Verona, pur cambiando (dirigenze e categorie), è rimasto se stesso. Il Chievo, pur restando uguale, probabilmente è cambiato. Da un lato è cresciuto divenendo una solida realtà ai massimi livelli professionistici (e questo è un merito non da poco e ha creato lo zoccolo duro), dall’altro la dirigenza forse non ha saputo (o forse non ha voluto, non lo so) sfruttare la popolarità mondiale del periodo della “favola di quartiere” e costruirsi un’immagine e un’identità di club transnazionale e cosmopolita. Avrebbe potuto (o perlomeno potuto tentare di) diventare la squadra “di tutti gli italiani” e, perché no, “di tutti gli europei”. Al contrario, a detta di molti, ha provato a “competere” col Verona nei cuori dei veronesi. L’ambizione però si è rivelata un boomerang, perché ha unito ancor di più i tifosi dell’Hellas e disperso l’ effetto “favola” sul fronte di mezzo. Il resto l’ha fatto il cambio di filosofia societaria attuato da via Galvani dopo la retrocessione del 2007: più pragmatica e meno sbarazzina, meno calcio “champagne” e risultati esaltanti (dei Delneri e Pillon) più raziocinio e “anonimato” da metà classifica (nelle ultime stagioni con Di Carlo, Pioli, ancora Di Carlo e Corini).

Il Verona degli ultimi anni, al contrario, ha vissuto un paradosso: più scendeva di categoria più si nutriva di epicità; più lottava tra la vita e la morte e più rinfoltiva il suo zoccolo duro (i diecimila abbonati della serie C non li aveva mai avuti nemmeno in B). La disperazione come collante, la tragedia come madre di un rinnovato sentimento identitario.

Sarà dunque una stracittadina inedita per Verona, forse la prima con le vere “stimmate” del derby. La speranza perciò è che ne seguano molti altre, chissà, per arrivare un giorno a raggiungere il rango di Milano, Roma, Genova e Torino. C’è la giusta e sana rivalità sportiva tra due fazioni e l’assenza (o la minore presenza) di “terzisti” e “cerchiobottisti” vari. Questo – me lo perdoneranno i puristi del bon ton istituzionale – non è detto per forza che sia un male.      

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