Vigilia pallosa avevo scritto. Be’ la partita del Verona, forse, è stata pure peggio. Indisponente, moscia, distratta. Il Chievo, al contrario, consapevole dei propri limiti ha giocato con intelligenza e vinto con merito. Corini è partito per limitare i danni, schierando un undici zeppo di mediani (averlo noi Rigoni!), qualche palleggiatore sulla trequarti e zero punte (Thereau non lo è). Una manifesta dichiarazione di inferiorità. Tuttavia col passare dei minuti – constatato il grigiore di Jorginho & C. – i suoi hanno preso coraggio fino a confezionare nel finale la più crudele delle beffe.
Parafrasando Raf, cosa resterà di questo derby? Come degli anni ’80 poco (a parte la mia bellissima infanzia e i fasti calcistici). Della beffa cruenta, ho detto; “…senza vaselina” ha scritto un amico tifoso (e al buon intenditore non servono spiegazioni circa i puntini di sospensione). Resta l’orgoglio di un predominio cittadino indiscutibile (“La Scala bisogna averla nel cuore non sopra una maglia dello stesso colore” lo striscione della Curva Sud). Hai voglia di dire che “il vero derby è col Vicenza”, sarà, ma io la rabbia, o la tristezza, o ancora l’afflizione colta ieri sera fuori dallo stadio mentre scorrevano i titoli di coda non l’ho notata lo scorso campionato dopo la sconfitta coi biancorossi. Eppure lo snobismo della vigilia si è riverberato in campo. La stucchevole melassa di due settimane da “Va dove ti porta il cuore” ha avuto il suo corredo finale durante i 90 minuti. L’attesa è stata soporifera, la partita ancor di più (e ne ha guadagnato la squadra più debole).
Il Verona dimesso ha la faccia di Mandorlini, che venerdì aveva detto “comunque vada resteremo sesti” manco fosse il Chiambretti di un Sanremo che fu; e ieri dopo mezz’ora era già col capo chino e le mani sulla faccia. L’ascia di guerra prima abbassata e poi sotterrata. Il Verona compassato ha le sembianze di Romulo, funambolo sprecato da terzino, e le stimmate di Donati, mediano tamponatore ottimo, regista costruttore scarso, più utile quindi nelle partite di copertura che di dominio. Un doppio pacco dono con tanto di “saluti e baci”, questo, sconfessato dallo stesso Mandorlini al 13’ del st con l’innesto di Cacciatore, peraltro come a Genova buggerato nel gol. Il Verona impalpabile ha i segni di Gomez, che vale la metà di Martinho. Il Verona indolente, mi spiace scriverlo perché lo stimo, ha i cromosomi di Jorginho, da un po’ di tempo involuto forse perché distratto da qualche offerta di mercato. Se così fosse ritorni sulla terra, o sulla terra lo riporti la società.
Sia chiaro, è giusto non fare drammi, ma nemmeno prendersi in giro. La cose stanno così: la classifica è ottima, la rosa è buona, ma il calendario – da qua al giro di boa – no e la squadra mostra qualche ruggine. Forse sarebbe ora di darle una riverniciata cominciando a considerare anche Sala e Cirigliano, due nomi non a caso. L’ex esterno dell’Amburgo è l’unico centrocampista in rosa che può far arretrare sulla linea difensiva Romulo e quindi risolvere il problema (reale) del terzino destro. Mentre il “piccolo Mascherano” può essere una valida risorsa sia con Jorginho (sacrificando Hallfredsson) che senza (il brasiliano se gioca così non è intoccabile). La rosa è ampia e pensare di cambiare non è una bestemmia. Anzi, se non ora quando?
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