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MANDORLINI E PRANDELLI, BAGNOLI E IL TRAP…”E LA MARISA E L’ANTONELLA”

Manifesta superiorità, e il “pezzo” si potrebbe chiudere qui. Di un altro pianeta il Verona, rispetto al Livorno. Il calcio – non sempre, ma spesso – è nudo e crudo e non servono troppe iperboli per raccontarlo.

E’ la semplice verità, per citare il più bel romanzo di Baldacci. Col Torino, una pari livello, hai sbagliato partita e hai perso (sì ok il fuorigioco di Immobile, ma nel secondo tempo non siamo scesi in campo); cogli scombiccherati amaranto del Di Carlo vestito “da jogging al parco Sempione”, è bastato essere il Verona per chiudere in fretta la pratica.

E’ una questione di qualità, cantano i Marlene Kuntz. Il Verona costruito da Sogliano ha tre fuoriclasse: Toni (ancora il miglior centravanti italiano e tra i primi dieci in Europa), Iturbe e Romulo. Attorno a questi, altri bravi giocatori (oggi abbiamo riapprezzato Jankovic, fortissimo quando ne ha voglia). Tradotto: con almeno dodici avversarie il destino dipende da noi. Di cosa discutiamo?  

Poi c’è Mandorlini. “Il bravo allenatore è quello che non fa danni, che asseconda il talento dei suoi giocatori, senza volerlo prevaricare ”, mi disse anni fa Cesare Prandelli in un’intervista. Lo stesso bagnoliano concetto, rivisitato in chiave moderna, del “terzino che deve fare il terzino e l’ala che deve fare l’ala”. Teorie tuttavia smentite nel Verona di Mandorlini, dove il talento è sacrificato alla causa (e al modulo), con mezze punte come Iturbe, o ali offensive come Jankovic e Martinho, o addirittura punte vere e proprie come Gomez che giocano da tornanti. Eppure i risultati arrivano, come la mettiamo?  

Non amo il calcio del mister, lo sapete. Non è un mistero, e al netto dell’ipocrisia e del conformismo che ci sono anche nell’ambiente giornalistico l’ho sempre confessato, fregandomene altamente della vulgata popolare e dei risultati. Un calcio abbastanza prevedibile e senza grandi varianti. L’ho già detto più volte e lo ribadisco: Mandorlini sa fare solo un tipo di calcio, ma lo sa fare bene (è tra i più bravi nell’insegnamento monotematico). E coi giocatori che si ritrova, questo basta e avanza. Giocatori, tuttavia, che lui sa gestire con maestria.

Faccio un esempio: Toni. Simpatico, guascone, esemplare, ma personaggio complesso, dal carisma, dalla personalità e dal pedigree che pesano, anche nella vita quotidiana del gruppo. Per domarlo servono abili qualità di stretta “psicologia da spogliatoio”. E Mandorlini, da calciatore, ha vissuto grandi spogliatoi potenziali “polveriere” e ha studiato alla scuola di Trapattoni e Mazzone. E se al Trap credo abbia rubato la dote raffinata della “paraculaggine”, oltre che il “conservatorismo” tattico, di sor Carletto ha preso l’esuberanza nel rapportarsi ai giocatori. 

Certo, con la pancia piena si discute più volentieri, dunque  a 39 punti possiamo pure sbizzarrirci in chiacchiere da bar su cosa combinerebbero Iturbe, o gli stessi Jankovic, Gomez e Martinho, sgravati da quei compiti di copertura di cui ho scritto sopra. Oggi contro una squadra scarsa, o in passato in situazioni disperate in cui dovevamo recuperare e i nostri esterni giocavano all’assalto, ne abbiamo avuto un assaggio. Ma già Sacchi (che pure Mandorlini calcisticamente detesta) schierava Signori all’ala sinistra e non di punta, in nome del mantra della “copertura degli spazi”, maledizione del calcio moderno. Idem Mourinho con Eto’o.

Io credo che se Iturbe e compagnia venissero “alzati” guadagneremmo qualcosa davanti ma, nell’arco di un campionato, perderemmo nel complesso (fatto salvo con Mandorlini in panchina e non qualcun’altro). Perché non sarebbe più il calcio di Mandorlini; non sarebbe più quell’unico calcio che Mandorlini sa congegnare così bene. La domanda, dunque, non si pone:  sarebbe come chiedersi perché un adolescente non ha i capelli bianchi, o come mai un vecchio ha le rughe (forse perché non hanno la sfiga di Ravanelli, o i soldi di Berlusconi e Baglioni, mi rispondereste, ma questo è un altro discorso…). Lo stesso dicasi per Donadel preferito a Cirigliano. L’argentino di sicuro è bravo, ma (al momento) non così bravo (a differenza del Jorginho di tre anni fa in quella serie B) da sconvolgere gli ideali del mister, che preferisce l’usato sicuro dell’ex Fiorentina.

Voglio dire, io amo un altro calcio. Bagnoli e non il Trap, Prandelli e non Mandorlini, del Bosque e non Mourinho. Ma finché vinciamo, direbbe proprio il Trapattoni d’annata immortalato dalla Gialappa’s, è come scegliere “tra la Marisa e l’Antonella”. A noi, come al Trap, stante così le cose vanno bene entrambe.  

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