“Te lo ricordi?”, cantavano struggenti gli Stadio nel 2000. Dodici anni prima, il 16 marzo 1988, il Verona giocava la sua ultima partita in Europa. “Te lo ricordi?”. Dannata serata di Brema: quarti di finale, Kutzop del Werder che indovina l’incrocio da trenta metri nonostante il volo impossibile di Giuliani, Volpecina che di testa pareggia e ridà fiato alla speranza. Vanamente, alla resa dei conti. L’andata a Verona era finita 1-0 per i tedeschi, sigillo di Neubarth, nervosismo di Elkjaer, assente al ritorno. Il cammino sin lì era stato esaltante, calcisticamente e letterariamente, tra trasferte impossibili negli allora regimi comunisti di Polonia (Stettino) e Romania. “Te lo ricordi?”, la neve della grigia Bucarest, i cronisti di allora che narravano di stucchevoli disagi logistici, Ceausescu che sarà giustiziato appena due anni dopo… A noi bambini attaccati a un sogno quelli sembravano mondi impossibili, specie in quei gaudenti anni ’80, e quelle imprese ai nostri occhi acquisivano ancora più solennità.
Eravamo in film… con un brutto finale. Brema infatti segnò, ipso facto, l’epilogo del grande Verona di Bagnoli. Sebbene l’Osvaldo resterà ancora due stagioni in gialloblù, la magia si spezzò ineluttabilmente quella sera al Weserstadium, contro i verdi di Herr Otto Rehnagel e di Frank Neubarth e Karl Heinz Riedle. Il canto del cigno si formalizzò con un finale di campionato mediocre e le partenze estive degli ultimi reduci dello scudetto, Elkjaer, Di Gennaro, Fontolan e Volpati.
Da lì in poi quasi tutti dolori: Cesena e il condor Agostini, le “Fata Morgana” Caniggia e Stojkovic, la stanca fragilità del Verona di Reja, la mediocrità degli anni di Mutti, la sfacciata presunzione di Cagni, le illusioni di Malesani, gli inganni di Pastorello, i raggiri subiti da Arvedi in un verminaio di cardinali e soldi falsi, faccendieri e malaparata. In mezzo sublimi quanto effimere gioie: la promozione nell’anno del fallimento con Fascetti, l’acquisto di Piksi e l’esaltazione “da spiaggia” di Eros Mazzi (“stano nemo in Uefa!”), “Perotti sì sì sì stano ghe la femo nemo su dalla B”, il gioco arioso di Prandelli e l’indolente genio di Morfeo, la corsa sotto la curva di Malesani e i dribbling di Mutu, le speranze di Ficcadenti…
Fino a Martinelli, fino a Mandorlini, fino a Setti, fino a Sogliano… Fino a questo esaltante campionato che adesso, a tre partite dal traguardo, ha maturato un pensiero proibito: l’Europa League.
Difficile, ma possibile. Mandorlini ci crede eccome, più di quanto dia a vedere. I giocatori idem. Ci riescano o meno, sarà stato bello comunque, ovvio; però tornare a varcare confini che ora non esistono più sarebbe la chiusura dell’ennesimo cerchio. Brema è ancora lì, ventisei anni dopo. “Te lo ricordi?”.
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