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CARO-ABBONAMENTI? RIAPRITE CURVA NORD E PARTERRE

Il mio Mondiale in un’immagine: Parolo che si scalda nell’intervallo di Italia-Uruguay. Un riflesso condizionato e… sono scattato urlante: “Remondina cambia!”. Certi amori non finiscono cantava Venditti; be’ caro Antonello nemmeno certi malinconici ricordi. Quel Verona di serie C, che ora sembra lontano anni luce, era povero e con dei limiti, il suo allenatore bravino e precisino, insomma troppo “ino”, cioè puntuale nella didattica ma senza genio e grande talento, eppure quell’anno sfiorammo i playoff promozione e rivivemmo piccole speranze sepolte da tempo (il calcio come passione popolare vive di grandi slanci, traguardi raggiunti o solo lambiti, storie di vinti e vincenti, in quale categoria poco conta). E appunto il vituperato Remondina, uomo onesto e (troppo) perbene per i tempi che corrono, si barcamenò tra mille incognite societarie (il rischio fallimento, la morte di Arvedì e il passaggio di proprietà a Martinelli con la paventata fusione). Voglio dire, non sarà stato il più grande allenatore che abbiamo avuto il gentil Remo, e vederlo allacciare alla vita la maglia della tuta come un improvvisato escursionista sul Carega non lo faceva brillare per carisma e immagine; e poi non attaccava i giornalisti e quindi non li intimoriva, e men che meno non regalava loro titoli e soffiate, ma il Depardieu di Rovato credo debba essere un tantino rivalutato: in fin dei conti ha tenuto a galla la barca facendo il lavoro sporco in un momentaccio della nostra storia, perdendo poi il campionato successivo con una squadra sopravvalutata da dirigenti (vero Bonato?) e mass media e la “guerra” interna in società. Ben più fallimentari di lui i meglio remunerati Reja, Cagni, Salvioni, Colomba e Giannini.

“Remondina cambia” del resto è un sempreverde cavallo di battaglia che potremmo adattare all’attuale calcio italiano, perché se Parolo – con tutto il rispetto – può dire di aver giocato un Mondiale significa che il nostro football è in stato comatoso e servirebbe una rivoluzione. Certo, se la soluzione è il ticket Macalli-Lotito come si prospetta, be’ altro che coma, prepariamoci a celebrare un bel funerale. I miei candidati sono Andrea Abodi e Damiano Tommasi, sebbene quest’ultimo un giorno lo vorrei nei quadri dirigenziali del Verona con un incarico simile a quello di Facchetti nell’Inter di Moratti. Chissà…

Il Verona ha aumentato i prezzi degli abbonamenti. Sicuramente la società avrà avuto le sue motivazioni, tra certosine ricerche di marketing e precisi indici statistici, ma io avrei preferito che la fedeltà dimostrata dai tifosi gialloblu in questi anni venisse riconosciuta con un gesto concreto. Più in generale, citando il mitico Lubrano, la domanda sorge spontanea: ma il calcio è (ancora) davvero di tutti? A Verona sì, a patto che il club (assieme al Comune proprietario dello stadio) riesca a far riaprire i settori popolari chiusi da una vita, cioè parte della curva nord e del parterre, vendendo poi i singoli biglietti a prezzi accessibili. Setti e Gardini – l’ho già detto in passato e lo ripeterò alla noia – nel giusto intento di dare managerialità e promuovere il brand non facciano l’errore di pensare al calcio solo come… managerialità e brand appunto. La migliore mossa di marketing, che di riflesso tirerebbe tutte le altre, è uno stadio pieno in tutti i settori, come in Germania. E Setti non ha detto più volte di ispirarsi al modello tedesco?

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