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CHIEVOLANDIA: LA CADUTA DELL’ULTIMO TABU’

“Isola felice”, “miracolo”, “favola di quartiere”. Ricordate la retorica dei corazzieri mediatici sul Chievo in tutti questi anni? Quattro lustri a raccontare le gesta di un club considerato mosca bianca nel calcio frenetico, milionario e asettico del nuovo millennio. La trama giornalistica era semplice ed efficace: la società (la sola) “pane e salame” come “spot dell’altro calcio”,  avverso s’intende a quello dei “paperoni” (tutti gli altri, indistintamente); un angolo di mondo scevro di pressioni e (pur umanissime) invidie e gelosie. Insomma, a leggere i fiumi di inchiostro dedicati in tutti questi anni al club della Diga pareva di essere capitati – almeno a livello calcistico – nell’anarchica e immaginaria isola di Utopia di Tommaso Moro, fondata al suo interno da solidarietà, collettivismo individuale (e non ideologico) e amicizia.

Ma poi venne il giorno… Già, poi è arrivato il giorno in cui tutta questa solenne prosopopea si è sbriciolata in cinque minuti. Le dimissioni, avvolte nel mistero, di una figura storica come quella di Giovanni Sartori perlomeno hanno avuto il merito di mostrare il Chievo per quello che è e forse è sempre stato: una società come tutte le altre nei suoi pregi e nei suoi difetti, coi suoi talenti ma anche i suoi narcisismi, la sua organizzazione ma anche i suoi egoismi, dove si può condividere, ma anche litigare, sopportare e addirittura divorziare, perfino dall’artefice della scalata dalla C ai preliminari di Champions League.

L’addio di Sartori è, se vogliamo, la rottura dell’ultimo tabù della Chievolandia mai esistita (se non sui giornali). A chi in passato gli chiedeva del perché si fosse fermato così a lungo nella società della Diga, il ds spiegava: “Non mi vedo lontano da qui, me ne andrò solo se non mi vorranno più”. Parole eloquenti, probabilmente Sartori si è sentito messo da parte senza troppi complimenti. Del resto non succede in tutti i club, in tutte le aziende e in tutti gli uffici?

Piuttosto, finalmente spatinato dalla retorica della favola, per il Chievo comincia ora la sfida più difficile: continuare a fare calcio, ma  da “normali” anche agli occhi dell’opinione pubblica. E’ questa la vera rivoluzione, altroché.

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