In serate così ti aggrappi ai maestri. Gianni Brera sosteneva che “il calcio è un mistero senza fine bello”, come le donne. In serate così ripensi a una vecchia frase di Benitez: “Vincere giocando bene sarebbe perfetto, altrimenti è sempre meglio vincere, perché dopo puoi sempre imparare”.
E il Verona ha vinto e questo solo conta. In attesa che impari (a giocare meglio), soprassediamo sul come. L’hanno visto tutti: gialloblu confusi, dal passo caduco e la testa pesante, monotematici nei soliti lanci per il solito Toni, pigri nell’adeguarsi sin da subito ai ritmi compassati del Palermo; spuntati e scarichi al punto che Saviola sembrava quasi la carta della disperazione. Ma è proprio in quel frangente, mentre El conejo s’apprestava ad entrare, che è apparso in tutta la sua meravigliosa essenza il “mistero” breriano: lancio abbastanza innocuo di Tachtsidis, forse il peggiore in campo fin lì, incertezza di Sorrentino e autogol di Pisano. 2-1 e Saviola che si è riaccomodato in panchina.
Insomma, vittoria tanto rocambolesca quanto gli episodi che l’hanno originata. Ma non sottilizzerei: alla seconda di campionato, con una sosta di mezzo per le nazionali, qualche alibi va pure concesso. Non fosse altro che la partita è stata brutta come poche da entrambe le parti e questo qualcosa vorrà pur dire. Non fosse altro che – a proposito di Benitez – squadroni più blasonati e ricchi hanno pure fatto peggio. Però è chiaro che domenica prossima, se vuoi uscire indenne da Torino, serve ben altra prestazione. E forse pure formazione, perché quella di ieri non mi ha convinto.
Viene in mente Tachtsidis, certo. Il sottoscritto lo scrive da più di un mese che il greco è una scommessa (visto il curriculum in serie A) in un ruolo delicatissimo. Eppure il ragazzo merita ancora delle possibilità (non infinite sia chiaro) per due motivi: qua e là ha fatto intravedere qualche lampo e non è al 100% delle condizione. Rimane il dubbio tra l’altro che Taxi potrebbe rendere di più con al fianco il connazionale Lazaros e non con Hallfredsson. Già Christodoulopoulos, l’altro neo della serata. Anche lui forse si porta dietro qualche scoria atletica post Mondiale, tuttavia esterno alto non è propriamente il suo ruolo per passo e caratteristiche (tende ad accentrarsi e rifinire più che saltare l’uomo) e l’incongruenza risulta ancora più marcata se dietro di lui agiscono l’onesto Hallfredsson, coi suoi pregi e difetti di sempre, il generoso ma offensivamente impalpabile Agostini (un cross dal fondo in 90 minuti) e dall’altra parte Gomez, volenteroso ma a cui non puoi chiedere di fare la differenza alla voce “fantasia”. Ecco allora che la frittata è servita: Verona troppo prevedibile.
Teniamoci dunque stretta la vittoria, con una considerazione finale: quattro punti in due partite, ciononostante qua e là affiora un filo di malcontento. Strano, ma non troppo: quest’anno le aspettative sono maggiori.
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