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IL CALCIO E’ SOFFERENZA (E CI MANCAVA FOTTUTAMENTE)

“Ho cominciato a provare gusto nella sofferenza che il calcio procura”. Lo so, citare l’inflazionato (ma sempre eterno) “Febbre a 90’” non è il massimo dell’originalità, ma domani riparte quell’antico rito che è il campionato e solo chi vive il calcio (non chi lo segue) può capire la frase di Nick Hornby. Perché, cari sportivi, inculcatevelo in testa, il calcio non è spettacolo, divertissement, ma sofferenza. Sofferenza pure masochistica, perché in fondo ci piace, tanto da sentirci smarriti e orfani poi nel piattume estivo, così crudo, povero e impalpabile nella sua inerzia da rispolverare – per descriverne il vuoto – il “sono andato a letto presto” di Robert De Niro-“Noodles” di ‘C’era una volta in America’.

Sia benedetto dunque il campionato. Sia benedetto questo stato d’irrequietudine che ci accompagnerà come un’ombra nelle nostre 38 settimane di vita parallela. Sia benedetta questa voglia di tornare a tifare, condividere una gradinata, “sacramentare”, godere, o piangere, o tutte e due le cose insieme. Domani all’entrata dello stadio l’emozione sarà nuova e antica allo stesso tempo, perché come scrive Hornby “la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione”.

Con le sue liturgie laiche, con i suoi riti pagani che ci mancavano fottutamente. Bambini o adulti non importa, perché in fondo poi è lo stesso,  perché del resto ci vuole “del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti” (“La canzone dei vecchi amanti” versione Battiato) e il Verona in questo un po’ ci aiuta. Buon campionato vecchio Hellas!

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