Il “rappresentante della proprietà” (cit.) è Maurizio Setti, ma chi decide, nel Verona, di fatto è Giovanni Gardini, personaggio che, nel ‘cono d’ombra’ in cui ama rifugiarsi, detta la linea al titolare di Manila Grace, che invece appare e scompare, tra Ranzani e Godot, tra gli istrionici interventi con lustrini e paillettes per presentare Pazzini e le significative ‘fughe’ di sabato sera.
Il Cardinale Richelieu, che è un abile tessitore politico, intelligente, scaltro, cinico quanto basta, è l’uomo che esce vincitore dalla ‘vicenda Mandorlini’ (alla resa dei conti spero vinca anche il Verona, ma lasciatemi i miei umani e modesti dubbi). E’ lui infatti il ‘padre’ del biennale al tecnico romagnolo; ed è lui – dice chi lo conosce bene – che in questi giorni si è prodigato nel ‘lavorare ai fianchi’ Setti per evitare l’esonero del suo pupillo. Il mantra utilizzato? Il solito: con il recupero degli infortunati, e soprattutto di Toni, la situazione migliorerà e bla bla bla. A fronte di queste ‘alte’ motivazioni non ci resta che inventarci una speranza, aggrapparci alle “fantasie che volano libere” di vaschiana memoria. Nel frattempo vorrei smontare qualche luogo comune di questi giorni.
Non è vero che Mandorlini rimane perché “non c’erano alternative”. Le alternative a questi livelli ci sono sempre, dipende ovviamente dal peso delle proposte. Anzi, più un dirigente (sportivo e non solo) sa individuare alternative a ciò che non funziona, più è bravo. In sintesi: chi vuole può e chi non vuole non può.
Non è vero che “piuttosto di Ballardini e Di Carlo, meglio Mandorlini”, come sostengono gli ottimisti (si fa per dire). Come ho detto sabato a 91° minuto, Mandorlini ora è il più antimandorliniano degli antimandorliniani. Mesto e rassegnato in sala stampa, inerme e inefficace in panchina. Certo, non si dimetterà mai (c’è un biennale in ballo), ma sabato parlava già da ex (“non sarò mai un problema per il Verona”). Quale filo logico-sportivo può aver indotto alla sua riconferma? Io non lo trovo, ma Gardini è senz’altro più intelligente di me. La sensazione, anzi la quasi certezza, è che rispetto a questo Mandorlini, anche i vituperati Ballardini (che non è Ancelotti e nemmeno Guidolin, ma che oggi ha firmato per il Palermo, non la Longobarda) e Di Carlo (che non è Ancelotti e nemmeno Guidolin, ma che in A ha un pedigree migliore di Mandorlini) avrebbero fatto la loro figura. Ma non solo loro.
Non credo nemmeno che “siano finiti i soldi”, altro ritornello da social e nei sussurri del bar. Perché allora non si spiegherebbero i milioni di euro spesi in estate per il cartellino di Viviani e per contrattualizzare cinque anni il 31enne Pazzini. Certo, tante cose non si spiegano, ad esempio perché dopo i botti di luglio ci si sia ridotti a ingaggiare a settembre lo svincolato e stagionato Matuzalem, determinante come Mauro Repetto negli 883. Ma questo, abbiate pazienza, ce lo spiegherà Max Pezzali.
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