Profonda inquietudine: “La delibera che anticipa il 40 per cento del ‘paracadute’ deve essere interpretata come salvataggio delle aziende-calcio, perché a Verona, me lo insegnate voi, in passato avete rischiato tracolli non indifferenti a causa di gestioni un po’ ballerine”, ha detto Setti oggi in conferenza stampa. Il Verona era a un passo dal crac? Forse la gestione Setti dell’ultimo anno è stata a sua volta un po’ “ballerina”? Nessuna crisi finanziaria “ma i conti sono sempre tiratissimi nel calcio”, ha poi specificato il presidente. Anche la solita e immancabile invettiva ranzanesca (“Gli stipendi li ho bloccati a gennaio perché ero incazzato; ‘non vi pago più!’ ho detto; purtroppo li ho pagati l’altro giorno perché ero obbligato sennò l’avrei tirata in lungo”), peraltro l’unica in un mare di minimalismo, oggi non fa ridere e assume contorni più cupi: regge questa motivazione?
Che si profilino tempi di austerity è però un fatto: “Con i 25 milioni di euro sistemerò il bilancio”, ha sentenziato Setti, che poi ha inserito la retromarcia rispetto alla promessa del gennaio scorso, quando s’impegnò, in caso di retrocessione poi avvenuta, a riportare immediatamente il Verona in A: “L’unico mio obbligo è dare continuità all’azienda, l’ambizione di risalire c’è e mi impegno a dare il meglio per rispetto dei tifosi, ma obblighi non me ne assumo e certezze non ne do”, ha rettificato.
Eppure un dato positivo emerge anche in questi tempi di finanze inopinatamente (date le plusvalenze milionarie e i tre anni di ricchi introiti tv) grame: Setti perlomeno ha fatto chiarezza. Non credo al suo filantropismo (“con il Verona ci rimetto”), anzi sono convinto, a logica, che per lui sinora l’Hellas rappresenti un (legittimo) business e che con 25 milioni di paracadute, se saprà ridurre i costi come da intento (il probabile arrivo di un ds come Fusco rientra in questa logica), lo continuerà a essere. Non sono poi tante le aziende, fuori dal mondo del calcio, nelle quali entrano ricavi di tale portata da fonti terze.
Forse fra uno o due anni Setti venderà, chissà, ma ora il paracadute “sistema-bilancio” gli dà la forza per continuare pur senza grandi investimenti e se dovesse tornare in A potrà farlo ancora a lungo. E rientrare nel calcio che conta è un obiettivo possibile anche senza grandi spese, premesse due condizioni inderogabili: che venga ingaggiato un allenatore in linea con il nuovo corso low cost e vengano scovati i giocatori più adatti al suo modo di intendere il calcio. Credo che il profilo giusto sia De Zerbi, emergente, bravo, tattico e innovativo, più ancora di Stellone, più esperto e quotato ma forse maggiormente adatto a spogliatoi ingombranti e ricchi.
L’obiezione è: ma De Zerbi è vicino a Tullio Tinti, quello del quinquennale a Pazzini e condizionante anche nel biennale a Mandorlini. Obiezione lecita, ma premesso che la prima cosa che conta è che un allenatore sia bravo (e De Zerbi lo è) e assodato che, a prescindere da De Zerbi e Toni (a sua volta legato a Tinti), il procuratore bresciano continuerà a essere influente, a quel punto meglio scegliere un allenatore da lui (e dal futuro vicepresidente Toni) “protetto”.
Veniamo da due anni turbolenti: prima Gardini che fa la guerra a Sogliano con Mandorlini osservatore interessato; poi Bigon e Gardini subito amici e alleati, poi divisi dall’affaire Mandorlini, poi di nuovo amici, poco più in là Delneri e Toni in perenne conflitto e lo spogliatoio frantumato. Ora invece, Tinti o meno, serve unità d’intenti e un allenatore legittimato dal club e potente nello spogliatoio, secondo il principio che da sempre ispira chi vi scrive: il Verona prima di tutto. Dove non arrivano i soldi, arrivi finalmente l’intelligenza.
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