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IL ‘SETTI TER’ ALLA PROVA DEL NOVE

“Comunque vada sarà un successo” ripeteva un Chiambretti festivaliero nel 1997. Il tormentone che fu si addice a Setti che, nonostante la retrocessione, certo non può lamentare miseria per le casse del Verona. Circa dieci milioni di plusvalenza per Ionita e Gollini, una mongolfiera economica da 25 milioni, le cessioni con possibili riscatti milionari di Wszolek e Viviani, lo sfoltimento della rosa, l’abbassamento degli ingaggi e dunque un generale taglio dei costi, infine un mercato in entrata parsimonioso eppure sufficientemente competitivo per tornare in A. Possiamo dirlo? Setti ha fatto bingo spendendo il meno possibile a fronte di ricavi plurimilionari.

Certo, la gestione economica dell’ultimo anno ha fatto acqua da tutte le parti e si è rischiato grosso se è vero che Setti definì il paracadute un “provvedimento salva-aziende calcio”. Ora però agli errori-orrori del vecchio management (e del vecchio Setti) è stato posto rimedio, sia a parole (“l’anno scorso ho sbagliato, la lezione mi è servita” ha detto il nostro pochi giorni fa), che nei fatti, con la proprietà che ha messo i promettenti Fusco e Pecchia al timone della nave con una rotta precisa, risalire in A, l’unica categoria che economicamente conta e mediante la quale Setti può continuare fare calcio e business senza i chiari di luna paracaduteschi. Questo è un buon segno perché significa che l’imprenditore carpigiano non smobilita, non lascia e nemmeno ridimensiona come temeva qualcuno.

Ed è questo il dato che emerge e che l’estate ha chiarito: Setti vuole dare continuità. Motivo? Business e passione. Passione, beninteso, non declinata a sentimento per i colori, ma passione intesa come piacere (narcisistico, psicologico, motivazionale) di avere un’azienda-calcio e di essere attore protagonista in un mondo affascinante, che ti dà visibilità e apre tante porte.

Il Verona dunque va avanti con Setti, e non per mancanza di compratori, come vuole la vulgata, ma di interesse reale a vendere. Setti che in queste settimane (mediante Fusco) il suo dovere l’ha fatto: allestire una squadra per la promozione diretta. Ma la prova del nove per lui si annida altrove, tra le pieghe delle due grandi promesse sinora disattese: il consolidamento in A e il centro sportivo. Dalla loro realizzazione sarà giudicato.

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