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ORA TOCCA A PECCHIA

Anarchy in the… Hellas Verona. Ma qui è tutto meno punk, ribelle, lieve ed epico rispetto ai tempi dei Sex Pistols e della loro ‘Anarchy In The UK’. Qui è solo tutto più drammatico, cupo e preoccupante.

Il Verona di Pecchia si è smarrito: tatticamente senza più ordine, senza più armonia, senza più regole. Ognuno in campo sembra andare per conto suo, sfilacciato, solitario, disorganico. Un corpo senz’anima.

Lo sport è tremendo, specie se corri una maratona lunga 42 chilometri (partite). Il momento no, anche casuale o sfortunato, è sempre in agguato, può capitare, ma la discriminante è se lo sai gestire. L’Hellas ce l’ha avuto con il Novara, sconfitta probabilmente più pesante, sfortunata e casuale di quanto si sia detto o scritto. Il problema, e qui il caso non c’entra più, è che quella debacle non è stata gestita sapientemente. Credo che siano emersi anche i limiti di esperienza e di carattere di Fabio Pecchia, del quale torno a ribadire quanto dico o scrivo da inizio campionato (quando si vinceva): uomo perbene, grande tattico della fase offensiva, ispirato da una filosofia affascinante e positivistica (vincere passando dal gioco), ma difettante e inesperto in quegli aspetti che possono risultare determinanti.

Innanzitutto il suo Verona intende il calcio in una sola maniera e non sa mutare e giocare più partite in una: usiamo solo il fioretto e non la spada, concepiamo solo il dominio e non la rimessa, vogliamo vincere e convincere con la cultura e l’onestà e dimentichiamo furbizia, malizia e “ignoranza”, conosciamo solo il palleggio e disconosciamo corsa e ripartenze, curiamo solo la fase di possesso e ci dimostriamo fragili e disuniti in fase di non possesso (e hai voglia di dare colpa ai difensori, a Verona nel mirino già ai tempi di Mandorlini, il problema ancora oggi è tattico e non sono i singoli, Bianchetti ad esempio con Delneri non sfigurò in serie A). Questo manicheismo conduce Pecchia anche a degli errori di lettura delle stesse partite e alla gestione discutibile di alcuni giocatori, sinora messi in condizione di non rendere al meglio.

L’allenatore però ha un alibi: una rosa che si è rivelata clamorosamente corta in difesa (sia nei centrali che nei terzini) e anche sugli esterni d’attacco, e con almeno quattro giocatori dei 18 over imposti dal regolamento non pervenuti (Maresca, Troianiello, Cherubin e Zuculini). Un lusso questo che non possiamo permetterci e di cui deve fare severa autocritica il ds Fusco, che nel complesso ha lavorato bene per il budget a disposizione (leggi nozze con i fichi secchi, e qui torniamo al discorso dei 25 milioni di paracadute e di un Setti che ciononostante ha messo il suo ds nelle condizioni di dover lavorare perlopiù con svincolati e prestiti con riscatto), ma che a gennaio deve rimediare a questi suoi errori.

Ma da qui ad allora ci sono tre partite da giocare. Sono tante perché non stai bene; sono tante perché, con tre squadre a soli due punti che minacciano la leadership e i primi due posti della promozione diretta, la classifica si è fatta tremendamente corta. Tradotto: il mercato ora resti solo un retropensiero. Tocca a Pecchia e solo a lui adesso risolvere i problemi, lo deve fare e presto. “Non vado contro i muri” ha detto ieri in sala stampa. Glielo auguro di cuore, perché sarebbe la sconfitta più grande per il Verona.

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