Da una parte lo stucchevole ottimismo di facciata. Romulo il campione della specialità, brasiliano in versione Modugno: “Meraviglioso” (il Verona di oggi). E poi giù di riff per un minuto buono: “Una delle più belle prestazioni del campionato. Meritavamo di vincere”. E si vola avrebbe aggiunto con un acuto dei suoi il cantante pugliese nell’altro suo capolavoro. Non manca poi la sensibilità botanica, ancora Romulo, ora in modalità pollice verde: “Con la Ternana mangeremo l’erba, rinasceremo” (vincere in casa con la Ternana, con tutto il rispetto, sarebbe il minimo sindacale non un’impresa solenne). Dall’altra la fiera dei luoghi comuni: “E’ un problema mentale, manca il carattere” dicono coloro che non distinguono un campo da calcio dai baffi di Crepet e mischiano il tutto con mirabile disinvoltura. Che poi, a ben vedere, la (confusa) reazione del secondo tempo è stata tutto (e solo) istinto e temperamento, ergo carattere, dunque di che parliamo?
La verità è che al Verona da oltre tre mesi manca un’altra componente: il gioco corale. Nessun cambio di passo, ritmo blando, compassato e monocorde, passaggi perlopiù orizzontali, prevedibili come un’intervista di Marzullo, improbabili come la giovane Fenech vestita. Improvvisazione jazzistica, ma qui è calcio. C’è un mare di talento in questa squadra in rapporto alla categoria, un talento che solitamente permette al Verona, per inerzia, di vincere in casa con le medio-basse, ma che non è sufficiente in trasferta, o quando il gioco di fa duro e la posta si alza. Dopo Spezia il rendimento (tattico e fisico) delle avversarie è cresciuto, noi siamo rimasti tristemente ai box, fermi come stoccafissi, aggrappati solo a quello che era già trapassato (l’inizio torneo) e alla nostra presunzione.
Dopo il Benevento dicevo che l’allenatore andava messo in discussione e lo ribadisco a maggior ragione oggi. Pecchia ha finito gli alibi, mi auguro non le idee dato che è ancora in sella ed è chiamato a risollevare le sorti di questa squadra. Ma anche Fusco, a cui Setti ha delegato l’intera gestione tecnica del club, deve dimostrare di essere all’altezza, perché un vero ds non incide solo in estate o a gennaio con il mercato, la differenza la fa nella quotidianità e soprattutto nel mare in tempesta. Fusco ha scommesso su Pecchia, sul tecnico e sull’uomo che conosce da vent’anni, bene, ma non vorrei che la fiducia incondizionata fosse un boomerang, non vorrei che la componente umana fosse troppo condizionante.
Perché, sebbene qualcuno spesso tenda a minimizzare, Pazzini nella significativa e per nulla banale conferenza stampa della settimana scorsa ci ha ricordato testualmente che quest’anno “abbiamo l’obbligo di vincere”. Tradotto in prosa: va riagguantato almeno il secondo posto. La serie A sta scappando, rendiamocene conto.
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