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IL NOSTRO MARKETING È L’IDENTITÀ

Un’internazionalizzazione è per sempre. Almeno nel gioco delle intenzioni, perché poi nei fatti si vedrà. Il brand da internazionalizzare, ricordate? Vecchia storia, annoso tormentone, iniziato quando Setti nel 2012 acquistò il Verona. E Setti ne è tornato a parlare l’altra sera in radio.  Sia chiaro, l’intento è di per sé meritorio e lodevole e do atto al presidente del Verona di aver posto per primo una questione fino ad allora tabù. Ma il punto non è questo, in discussione non è l’obiettivo, ma il percorso da intraprendere: il come arrivarci.

Setti, nel 2013 dopo la promozione in serie A, a mio avviso ha scelto la strada sbagliata, provando a internazionalizzare indebolendo – se non snaturando – l’identità, a cominciare da maglie lontane dalla tradizione del Verona (non brutte o belle, questo è soggettivo e ci interessa poco). Invece io penso che un buon marketing non può prescindere dall’identità. Tradotto: se vuoi internazionalizzare il brand prima devi avere il brand, costruirlo, valorizzarlo. E il Verona ce l’ha da sempre già in casa bello che fatto, con la sua storia di 114 anni, i suoi volti, i suoi colori, i suoi simboli, la sua tifoseria atipica, i suoi eroi, il suo popolo e il suo scudetto che rappresenta un unicum.

Ecco vorrei che il presidente partisse da questo patrimonio, altrimenti seguendo altre improbabili strade, scimmiottando ciò che non siamo, rincorrendo le metropoli, si rischia di commercializzare una minestrina insipida, né carne né pesce, di inseguire mille altri treni “per trovarsi ovunque ma non qui” (cit. La Crus), di smarrire se stessi e di non arrivare nemmeno agli altri. L’internazionalizzazione deve partire dall’identità.

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