Giornalista a Forrest Gump: “Perché corri?”. “Perché sono Romulo”.
Inconsapevole era Forrest Gump, che vedeva e viveva tutto senza capirci alcunché. Inconsapevole è Romulo, guerriero libertario, corsaro e anarcoide, che coglie poco l’intelligenza del calcio, tra disposizioni tattiche alla Holly e Benji e deliberati assist agli avversari (dopo Insigne, pure ieri ne stava combinando una delle sue), ma che appena va a quel paese la partita e saltano gli schemi si esalta come nessuno. E corre, corre, corre. Come Forrest Gump. E vive e sente (la partita), vede (la porta) e segna, forse senza capirci davvero alcunché. Quasi come Forrest Gump in Vietnam.
Inconsapevole e indefinibile è il Verona. Credo siano gli aggettivi giusti per descriverlo. Ancora non è possibile conoscere il reale valore (o disvalore) di questa squadra, ballerina, incoerente, emotiva, poco razionale. Un saggio sulla (non) lucidità, che arditamente smentisce Josè Saramago.
Se volessimo, in qualche modo, promuovere la squadra di Pecchia potremmo limitarci alle cifre. Vittoria con il Benevento, pareggio a Crotone e pari anche con Sampdoria e Torino. L’unica sconfitta che non ci stava, calendario alla mano, era con la Fiorentina in casa. Per il resto compiti eseguiti.
Ma sarebbe esercizio di pigrizia e irresponsabilità fermarsi qui. Prendete il primo tempo di ieri. Un passo indietro sul piano del gioco rispetto alla prima mezz’ora di Torino. Il secondo tempo invece rispecchia fedelmente l’atteggiamento morale della rimonta finale con i granata. Nervo, animus pugnandi, capacità di andare oltre i propri limiti tecnici e tattici. Fortuna anche, ma quella bisogna andarsela a cercare.
Qual è dunque il Verona? Quello triste, depresso e impalpabile di cinque partite su otto? Quello ordinato e dignitoso della Sampdoria? Quello bizzoso (presente, assente e poi ancora presente) di Torino? Quello dei due volti di ieri? E qual è il confine tra i meriti della squadra di Pecchia, i demeriti degli avversari (la sufficienza della Samp, l’indolenza del Toro e l’inferiorità tecnica del Benevento) e le circostanze fortunate (l’infortunio di Belotti e l’espulsione di Antei)?
Domande doverose, dato che ancora non si vede una solidità tattica (ieri il Benevento era più scarso ma più organizzato) e una coerenza di gioco (il secondo tempo è un arrembaggio emozionale ed emozionante ma senza schemi, idem la rimonta al Grande Torino). Perplessità lecite, in attesa delle avversarie…di mezzo che ad oggi ancora ci mancano. Sassuolo, Cagliari, Genoa, Spal, ma anche Atalanta e Bologna definiranno la nostra dimensione, perché non più forti (o comunque non troppo più forti) e più motivate al nostro cospetto di Sampdoria e Torino.
Il Chievo no, il Chievo è una stracittadina ed è una partita a parte. E non vorrei che fosse emotivamente snobbato dall’ambiente con la solita manfrina “non è un derby, l’unico derby è con il Vicenza”. E’ un lusso che non possiamo permetterci, non ora.
Anche perché almeno su una cosa Pecchia ha ragione. “In questo momento la squadra ha bisogno di entusiasmo”. Dunque godiamoci la vittoria di ieri con tutti i nostri difetti. Ha un neo Cindy Crawford, non possiamo perdonare (per adesso) quelli del Verona?
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