C’era una volta Ranzani. Ricordate? Maurizio Setti si presentava così, un po’ ganassa e un po’ smargiasso. Sembrava l’immaginario imprenditore inventato da Dj Angelo, a cui una volta – nei corridoi Rai, ospite a ‘Quelli che il Calcio’ – chiesi scusa per avergli “scippato” il personaggio. Il suo Ranzani era il titolare di un mobilificio di Cantù. Il mio un imprenditore di Carpi, che nel 2012 raccontava storie calcistiche bellissime. Ma poco cambia quando l’intrapresa di provincia insegue sogni di gloria o di yuppismo, sulla falsariga dei film anni ’80 dei sottovalutatissimi (dagli snob) fratelli Vanzina, tra un Ezio Greggio e un Mauro Di Francesco in versione rampante.
“Il Verona deve seguire il modello Borussia Dortmund” proclamò il Nostro, solenne quasi come Kennedy nella Rudolph Wilde Platz dell’allora Berlino Ovest. E siccome, un po’ come nei film, i buoni sono sempre da un parte sola, il Nostro con aria pedagogica insegnava alla plebe anche le buone maniere: “Vorrei che il Verona vincesse la Coppa Disciplina”.
Ma la mia preferita rimane sempre l’evergreen: “Verona deve sprovincializzarci, internazionalizziamo il brand”. Un cavallo di battaglia da fine concerto, una canzone da cantare a memoria tra accendini al cielo e lacrime di commozione.
Già perché Ranzani indicava la strada e noi, ignobili e ottusi provinciali, guai a non dargli corda. Guai se non capivamo, o non immaginavamo che Carpi era una Nuova York e lui un nuovo Elio Fiorucci sulla sua personalissima ’59esima strada’, via Belgio. Guai se criticavamo le magliette Nike senza intravederci, manco per sbaglio, un’opera di Andy Warhol.
Eppure ho nostalgia di quei tempi. In fin dei conti il nostro Ranzani mi era simpatico. Era un po’ l’italiano che è in noi. E poi spendeva. E poi vinceva. Con i colori dimenticati e la storia stravolta, con gli opliti nei promo abbonamenti e gli studenti greci da Marzullo che nulla c’entravano, ma vinceva. Con il marchio Hellas erroneamente prevaricante sul marchio Verona, ma vinceva.
Oggi mentre il Ranzani originale è tornato in auge negli spot, il nostro si è smarrito, non si trova più. Da Marzullo alla Sciarelli. Al suo posto semplicemente un silente Setti Maurizio, che non parla, non investe e non vince più. E il consolidamento in serie A e il centro sportivo dopo cinque anni e mezzo sono (ancora) lettera morta. Promesse non mantenute. Perché non cominciare a pensare di vendere la società?
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