Setti dice che “viene prima il bilancio del risultato sportivo”, che “l’importante è non fare la fine di chi è fallito” e che “se retrocederemo cercheremo di fare una squadra per tornare su”, ma che se non dovessimo farcela non sarebbe un dramma perché “guardate altri club che fanno fatica a risalire”. Sembra un inno al sei politico, alla mediocrità: il massimo che possiamo ambire con lui è un affanno in A, se non un’altalena tra A e B, ma forse nemmeno quella. La miglior risposta l’ha data un grande ex come Domenico Volpati, uomo intelligente e libero, da sempre un po’ coscienza critica delle vicende gialloblu: “Ok i bilanci, ma ai tifosi non puoi togliere i sogni”.
Altroché il consolidamento nella massima categoria tanto sbandierato, la prima grande promessa disattesa da Setti. La seconda è il centro sportivo, di cui Setti tanto si riempie la bocca da cinque anni e mezzo, ma a parte un rendering e i soliti proclami mediatici ad oggi non c’è ancora nulla di concreto.
Potremmo poi ricordare i tanti dinieghi, poi anch’essi smentiti, sulla figura di Gabriele Volpi per misurare la credibilità del nostro amministratore unico. Potremmo rammentare i bilanci della Falco analizzati da Verona col Cuore che attestano che ci sono state due gestioni Setti, una danarosa (con circa 20 milioni ricevuti da Falco) e l’altra austera (il flusso finanziario si è interrotto), ed è facile intuire che Sogliano era solamente la pedina manageriale del disegno del primo Setti, quello danaroso. Dunque accusare Sogliano di aver speso troppo, non solo è inelegante (ma si sa ognuno ha lo stile che si merita), ma significa negare i motivi, la ragione sociale per cui Setti ha preso il Verona ed è anche l’ennesima mezza verità che distoglie dalla verità completa: quel Verona poteva spendere, anzi doveva, per investire e creare plusvalenze. Meccanismo perfettamente riuscito nella gestione dell’ex ds e dunque del primo Setti. Se poi è cambiato qualcosa (ed è cambiato qualcosa, dicono i bilanci di Falco) non è certo colpa di Sogliano, ma di storie consumate immagino nei piani più alti.
Setti, tra le altre cose, nell’incalzante intervista di Vighini dice: “Più volte ho provato a far entrare Volpi nel Verona”. Ma poi mi chiedo: se i conti lasciati da Sogliano erano tanto disastrati perché chi è venuto dopo (Gardini e Bigon) ha speso milioni di euro per Viviani (cartellino più contratto) e Pazzini (contratto milionario quinquennale)? Spese milionarie che, a differenza di quelle di Sogliano (che hanno garantito 25 milioni di plusvalenze e tre anni in A più il paracadute, dunque indirettamente 100 milioni di ricavi), sono state una zavorra economica per il Verona. Fatti questi che smontano la narrazione settiana.
Potremmo poi chiederci: perché un talent scout contrattualizzato dal Verona, intendo Dritan Derwishi, era da un anno l’amministratore unico della Falco e al momento lo è anche della nuova società che è stata trasferita in Italia, la H23? E’ come se un collaboratore di Marotta, per dire, fosse l’amministratore della controllante della Juventus. Inusuale. Magari Setti, da qualche settimana improvvisamente verboso con i media, ci spiegherà anche questo.
Qualche timidissimo passo avanti verso la chiarezza l’amministratore unico lo sta facendo, ma ancora non basta. Siamo ancora lontani da una vera trasparenza.
Lascia un commento