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UN GESTO UMANO NEL CALCIO MALATO

The show must go on? Ma a volte anche no, di grazia. The show must go on? Non sempre, per fortuna. Giusto rinviare la serie A dopo la morte di Astori. Una disgrazia che lascia senza fiato. Non si poteva far finta di nulla, non ci si poteva limitare allo strapuntino simbolico del minuto di silenzio (pardon di applausi, siamo in Italia ahimè). Cos’è un gol in confronto? Cos’è uno scazzo sulla tattica o le sostituzioni? Cos’è l’analisi di una vittoria o di una sconfitta? Meno di nulla. La decisione di Malagò, personaggio criticabile sotto mille altri aspetti, è stata sacrosanta, non scontata (provateci voi a fermare una macchina bulimica e milionaria) e soprattutto umana. Sì, ecco, un gesto umano in un mondo del calcio malato. 

Oggi torniamo a litigare (ma spero anche un po’ a riflettere) ed è giusto, sacrosanto. Ma ieri no, non lo era. Oggi sappiamo che la vita e il calcio continuano, dunque le polemiche, i dibattiti, i litigi, le opinioni. Per fortuna. Ma ieri no, nulla poteva continuare.

Ho sentito in molti lamentarsi, qualcuno addirittura ha delirato la tesi strampalata che siccome “muore gente ogni giorno”, allora, no, “non ha senso fermarsi”. Un’equazione idiota, superficiale, acida, che con l’intento di non categorizzare la morte la categorizza più di ogni altra cosa. Furbi, loro. 

Qualche altro ha parlato di “gesto ipocrita”. Processi alle intenzioni, cultura del sospetto infondato (dagli stessi magari che mettono la testa sotto la sabbia davanti ai sospetti fondati), persone che guardano sempre il male in ogni gesto. L’uomo Astori era conosciuto da tutti i colleghi, che evidentemente non erano in condizione di giocare. Ipocrisia? No, e anche fosse (ma non lo è)  meglio l’ipocrisia se l’alternativa è la cinica e disumana sincerità.

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