Stanca recita. Il copione è sempre quello. Partite orribili, conferenze stampa inascoltabili. E’ così da due stagioni e ormai ci hanno preso per sfinimento. E allora non ci arrabbiamo più da un pezzo, i sentimenti sono più profondi e sedimentati: mestizia, impotenza, frustrazione. Siamo inermi, spogliati di ogni possibilità, disarmati. Delusi no, ma solo perché non ci illudiamo più. Il copione ormai lo conosciamo tutti a memoria e ognuno prevede già ciò che succederà. Che serve illudersi?
Setti è riuscito in quello che nessun presidente della storia del Verona è mai arrivato: isolare se stesso e il club dall’ambiente e dalla città che quel club rappresenta. Il Verona come lo intendiamo noi è sospeso, ferito, alberga altrove. Il Verona come lo intende lui non ci riguarda e non riguarda più nessun tifoso, radicale o moderato che sia. Due mondi separati, paralleli, che non s’incroceranno mai. Ieri sera molti abbonati sono rimasti a casa. Lo stadio era una desolazione. Intorno c’è solo cupezza, indifferenza.
Giornalisticamente poi mi chiedo se vale la pena parlare ancora di calcio dopo una stagione e mezzo surreale, lunare, dove il calcio sembra solo un corollario. Fa abbastanza ridere sentire parlare di esonero o meno di Grosso. Dopo il teatro del grottesco consumato da Setti con l’affaire Pecchia non mi aspetto nulla in tal senso e, anzi, non mi pongo nemmeno il problema. Per me Grosso può tranquillamente andare avanti e non sprecherò mezza riga d’inchiostro per lui. La lingua di Dante è troppo preziosa per mettere qualsiasi sigillo sull’imbarazzante conferenza di ieri sera. Mi sembra chiaro che con lui in serie A non ci si va, non è adatto, come non è all’altezza la squadra, che poi è solo lo specchio dell’inadeguatezza del suo presidente. Lo scrivevo a settembre perché parlavo in camera caritatis con autorevoli addetti ai lavori. Non capisco come non ci sia arrivato Setti…
Ma siamo sicuri che non andare in A sia proprio un male nel medio-lungo periodo? E, soprattutto, allora che fare? Aspettare e compattarsi. La sofferenza e la mediocrità di oggi possono diventare l’àncora di salvezza di domani. Con un’altra società. Forse questo infinito e tormentato travaglio è una specie di tassa da pagare per un futuro luminoso. Ci sarà. Sono fiducioso e non è solo speranza…
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