Premetto: Andrea Mandorlini mi è antipatico, perché io, caratterialmente “anarchico” da sempre , provo antipatia per tutti i capipopolo, specie se ruffiani. Mi è antipatico perché si tatua la scala come fosse un tifoso, ma un tifoso lui non è. Il tifoso è sacro, i simboli pure e ci vorrebbe un po’ di pudore prima di legarli a sé (so di essere tra i pochi a pensarla così, eppure credo che il mio pensiero non sia troppo distante da quello degli ultras storici). E, ricordo, che il Mandorlini da pochi mesi tatuato, poco più di un anno fa (giugno 2011), prima di Salerno, era pronto a lasciare la baracca e a firmare per lo Spezia. E l’anno scorso alcuni suoi errori sono stati determinanti nell’arrivare col fiato corto a primavera.
Eppure voglio, anzi, devo difenderlo dopo il brutto esordio del Verona a Modena. Per amore della verità e dell’obiettività. L’ho scritto l’8 agosto (sono stato l’unico): “E’ veramente il Verona di Mandorlini?”. Nel “pezzo” sottolineavo le contraddizioni di un organico costruito dalla società non sulle corde dell’allenatore. La mia tesi era che questo non è il Verona del mister. Le amichevoli estive, a differenza di molti entusiasti, mi avevano lasciato perplesso. Perplessità confermate a Modena. Nell’attesa (e soprattutto nella speranza) di essere smentito dai fatti, torno sull’argomento.
Sogliano ha portato a Verona giocatori scelti da lui. Ed è giusto, i giocatori sono patrimonio della società, ergo li deve scegliere la società. Tuttavia il ds non ha consultato l’allenatore sulle caratteristiche tecniche e fisiche dei giocatori da inserire. Ed è sbagliato. Pure il vituperato Pastorello, che faceva e disfaceva a suo piacimento, comprava giocatori adatti al modulo dell’allenatore di turno. L’ho scritto e lo ribadisco: Mandorlini, da trapattoniano puro, da sempre predilige giocatori fisici, aggressivi, di corsa e sostanza, specie in mezzo al campo. Perso Tachsidis è arrivato Bacinovic. Lo sloveno, a differenza del greco, è “leggerino”, lezioso, statico e con poco mordente. Sembra un dettaglio, in realtà stiamo parlando del ruolo chiave della squadra, del vecchio numero “4”, del giocatore, per capirci, da cui dipendono la fase difensiva e offensiva. Aggiungo: Mandorlini, che coerentemente col verbo trapattoniano innanzitutto pensa a non prenderle, ama giocare con terzini marcatori bloccati dietro, vedi gli Abbate e i Scaglia dell’anno scorso. Quest’anno abbiamo Crespo (peraltro bravo) e Fatic, che sono terzini-ala, fluidificanti, bravi a spingere, meno a coprire. Ieri sera al Braglia ho visto spesso Moras e lo stesso Maietta in difficoltà, sottopressione e in inferiorità numerica, a causa delle praterie lasciate dai due terzini sulle fasce e da Bacinovic in mezzo. Ed è bastato che il modesto Modena nella ripresa alzasse il ritmo di gioco (come fatto dalla Virtus Entella e dal Genoa nel primo tempo, ma non da Fiorentina e Palermo) per mettere in crisi un squadra di palleggiatori piuttosto sbilanciata.
Ho come l’impressione che Sogliano abbia fatto 30 e non 31… Ha cambiato il dna del Verona mandorliano senza cambiare Mandorlini. Per questo non può essere (ancora?) il Verona di Mandorlini. E di questo Mandorlini, paradossalmente, è il meno colpevole. Perciò lo difendo. Mi è antipatico, ma lo difendo, anche se non vorrei. Non vorrei, non per l’antipatia, ma perché si difendono le persone in difficoltà e io spererei che Mandorlini non lo fosse. Adesso è quasi irriconoscibile, tra il malinconico e l’inquieto, senza il suo solito cipiglio non ispira nemmeno antipatia. Io invece lo rivoglio vincente e arrogante, presuntuoso e insopportabile. Spero, insomma, che torni al più presto a starmi sulle balle. Già da sabato con lo Spezia.
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