Valeri Bojinov è un ragazzo poco furbo, che crede di essere furbo. “Il Verona vale la Juve” dice ammiccando qua e là. Un complimento, nelle intenzioni, in realtà una gaffe non da poco. Perché paragonare, come “piazza” e “tifo”, il Verona alla Juve, storicamente la tifoseria più distante da quelle che erano le Brigate, come stile e modo di tifare, non è proprio un bel biglietto di presentazione. Augurandomi che Bojinov torni presto a fare gol, come prima cosa potrebbe cambiare l’entourage che lo consiglia. Ecco, magari prenda in prestito quello del suo nuovo compagno Fabrizio Cacciatore, un ragazzo molto furbo, che non vuole dare l’impressione di esserlo. “Verona come piazza vale la Fiorentina e la Lazio”, guarda a caso le squadre a noi “gemellate”. Bravo Cacciatore, avanti così e presto la gente ti amerà.
Per Daniele Cacia la strada invece è in salita. Nei suoi rapporti con la lingua italiana, intendo, fra passati remoti… molto remoti (“io potti”, è una perla) e timidi avvitamenti a congiuntivi sconosciuti, tentati invano e repentinamente abbandonati per il porto più sicuro dell’indicativo. La “supercazzola” del conte Mascetti alias Ugo Tognazzi, in confronto, era nulla. Ma che volete… “sono calciatori” mi è stato detto; “l’importante è che parli la lingua del gol” si è aggiunto.
Importante sarebbe anche abolire le conferenze stampa di presentazione, stucchevoli e scontate, banali e noiose, ruffiane e grossolane. O non andarci proprio. O “pubblicarle” sui giornali prima che avvengano, così per protesta, o per vedere l’effetto che fa. Qualche anno fa feci un esperimento: scrissi un “pezzo” poche ore prima della presentazione di un calciatore, anticipandone i virgolettati. Immaginai una serie di “ho sposato il progetto”, “arrivo in una piazza importante” e “ho detto subito di sì”. Fui facile profeta, anche perché non mi arrischiai suI confini del paraculismo estremo del “sognavo fin da bambino di indossare questa maglia”. C’è un limite a tutto, eppoi quel giorno non presentavano mica Pippo Inzaghi.
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