La routine uccide, la precarietà guarisce. Applico questo (mio) principio al Verona di oggi. Ricordando ancora ciò che disse qualche anno fa Serse Cosmi (che non amo) raccontando le gesta del suo Perugia: “Lo plasmai nell’emergenza, spesso le grandi idee degli allenatori nascono dalla necessità”. Nell’emergenza Mandorlini ha trovato, forse (nel calcio, si sa, sempre meglio convivere col beneficio del dubbio), il bandolo della matassa. Le numerose assenze in mezzo al campo (Laner, Jorginho e Martinho in un solo colpo), unite all’intelligenza (tardiva? non importa) nel saper ascoltare (non la critica, ma la società), hanno convinto l’allenatore a cambiare l’assetto tattico. Il Verona di oggi si è presentato al cospetto del più modesto Ascoli con un 4-4-2, o 4-2-4 che dir si voglia, smaccatamente offensivo, al posto del solito 4-5-1. Mera questione di numeri? No, di coerenza. Coerenza rispetto al progetto di mercato di Sogliano, votato a una squadra più spregiudicata e disposta in un certo modo. Oggi il Verona schierava Gomez, Grossi e due punte come Cacia e Bojinov. Di conseguenza ne ha beneficiato il gioco di Gomez, aiutato dall’avere due riferimenti davanti e non il solo Cacia, di Halfredsson e dello stesso Bacinovic, la cui storia (e non la penna della critica) ricorda come non sia mai stato un “4” da centrocampo a tre. Bene anche il troppo trascurato Albertazzi, talento in erba. Coi rientri dei due intoccabili Jorginho e Martinho ci sarà da divertirsi.
Lascia un commento