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MANDORLINI NON SI PRESTI A QUESTO GIOCO

Quel vecchio prete in confessionale, buffetti sulla mano a ogni peccato da me sciorinato e la solita sentenza preconfezionata: “Venti Ave Maria per penitenza”. La colpa? Qualche imberbe imprecazione e la ovvia masturbazione.

Giornate a fissare i vigneti dall’altra parte del cortile, visuale monotona dal solito angolino della classe vicino alla finestra, dove espiare ore eterne di castigo per un terribile misfatto: aver spiato le intimità di una compagna di classe.

“Scrivi cento volte la definizione del teorema di Pitagora” mi intimò e obbligò un giorno lontano la maestra. Cara Giordana, inutili velleità pedagogiche le Sue, di quel maledetto teorema non ricordavo nulla allora e non ricordo nulla ora.

Scene di un passato che fu, che ritorna e che mi strappa pure un sorriso (perché alla leggerezza delle belle cose inutili della vita dovremmo confinare il calcio) nel leggere della sanzione (previo patteggiamento) inflitta dalla Disciplinare del Settore Tecnico a Mandorlini. Squalifica fino al 31 gennaio, 20mila euro di multa e stravagante pena accessoria, o se volete “redentoria”, sebbene siamo a Natale e non a Pasqua: dichiarare nelle interviste pre e post gara delle sette partite successive alla squalifica che lui (Mandorlini) crede “nei valori sportivi di lealtà…” e altre balle varie. Il tutto per riparare – con ipocrisia pacchiana a favor di telecamera – a quanto di più innocuo e genuino abbia mai dichiarato: che i livornesi sono suoi nemici. Roba forte, insomma.

Sarcasmo a parte, chissenefrega! esclamerebbe un cittadino di un Paese normale. In un Paese normale, infatti, ognuno ha il diritto di odiare e amare chi vuole. “Odio e amore non sono categorie politiche”, scrive Massimo Fini. Ma come scriveva Giorgio Bocca siamo diventati il Paese del sottosopra, dove, aggiungo io, il buon senso è stato sopraffatto dalla paranoia, i più elementari principi liberali dallo Stato etico, o presunto tale, che non si limita a condannare, ma vuole pure insegnarci come vivere, a noi che non contiamo nulla ovviamente. Coi manovratori, i presentabili e gli allineati invece il “sistema” si trasforma subitaneamente: smette gli abiti pedagogici per indossare quelli complici.

E’ così in politica: qui i politici condannati siedono in Parlamento, un pluriprescritto e amnistiato per reati finanziari (quindi soldi pubblici) è stato per anni Presidente del Consiglio e un prescritto per mafia è senatore a vita. Ciononostante, criticare il Capo dello Stato è lesa maestà a prescindere, anche se lo stesso chiede alla Consulta di distruggere le sue intercettazioni con un ex ministro e senatore coinvolto nelle indagini sulla trattativa Stato-Mafia.

E’ così, di conseguenza, nel calcio, che di politica è permeato. Mazzarri e Cavani del Napoli possono esprimere solidarietà a Cannavaro, che taceva nonostante sapesse di partite vendute (fatto oggettivo). Mentre Mandorlini non può odiare e amare chi gli pare (fatto soggettivo). Anzi, per salvare il salvabile (evitare una squalifica e una multa più pesante) è costretto suo malgrado scendere a patti, coprendosi anch’egli di ridicolo.  E’ sicuro di volerlo fare? Ne ha tutte le umane ragioni, ma allorché la tragedia si trasforma in farsa, la dignità val più di qualche migliaia di euro e di una squalifica.

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