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SETTI, I TIFOSI NON HANNO L’ANELLO AL NASO

Gardini se ne va. C’è chi gli dedica due pagine e titola “sogni di gloria”. Gloria, presumo, quella che lasciava “le chiavi in cucina, nel cestino accanto alla frutta” (cit “Il Piccolo Diavolo”). O, forse, gloria, cioè l’ultimo posto in classifica, un brand internazionalizzato non si sa dove e come, l’aumento del costo degli abbonamenti – memorabilmente definito, in piena crisi economica, “fisiologico” dalla società.

Gardini se ne va, ma Setti dice che non lo sostituirà perché ha già Bigon, che di Gardini è amico, e Barresi, che di Gardini era assistente. Una (non) scelta, l’inerzia della continuità, mentre sarebbe servita una netta demarcazione dal passato visti i risultati conseguiti.

Setti, che quasi quattro anni fa promise un centro sportivo, l’internazionalizzazione del brand (in coro con Gardini) e una serie A stabile. La realtà parla di ultimo posto in classifica, speranze di salvezza residuali (e solo grazie a Delneri), di centri sportivi per ora mai nati e di un’Europa e di un mondo dove il “brand” Hellas è più o meno quello che era prima: pressoché inesistente. La realtà racconta di un Setti a cena con i vertici di Infront, perché poi quello che conta in questo calcio sono i soldi delle tv per sopravvivere, i milioni in più o in meno di un “paracadute”. Vale per Setti come per molti altri presidenti, e non c’è nulla di cui vergognarsi, dato che il sistema è questo e non è certo un presidente con risorse limitate che ha l’onere e la forza di cambiarlo. Il resto è contorno, il resto, per adesso, sono “parole parole e parole”, perlopiù prive del carisma e della classe di Mina.

Per questo, fossi in Setti, darei un taglio al Ranzani dei mirabolanti annunci e resterei preferibilmente Maurizio, quello che deve pensare a budget e management adeguati per rilanciare le ambizioni del Verona, qualsiasi sia la categoria (e le previsioni finanziarie sono ottimistiche anche in caso di retrocessione se il “paracadute” delle retrocesse sarà, come sembra, più alto rispetto agli anni scorsi). I tifosi cantano, amano, soffrono, pagano di tasca loro per l’Hellas, ma non hanno l’anello al naso.   

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