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IL VERONA VINCE, MA NON CONVINCE

Massimo risultato col minimo sforzo. Così, i vecchi cronisti, definivano le vittorie sparagnine. Il Verona di Bari non ha entusiasmato sul piano del gioco (e non è una novità), ma ha vinto e questo, alle soglie della primavera, è ciò che più conta. Verona spento e con poche idee fino al gol, realizzato alla prima sortita degna di nota dal redivivo Martinho (quanto ci è mancato!). L’1-0 ha sbloccato i gialloblù,  che avrebbero potuto chiudere la partita già prima del riposo, per manifesta superiorità. Nella ripresa gli annosi problemi di una linea difensiva che si “abbassa”, di un Verona che si fa rubare campo dagli avversari e va in difficoltà. Fortunatamente la pochezza del modestissimo Bari ha permesso di limitare i danni, sino al raddoppio sul finire del match.

Note positive. Innanzitutto i tre punti rosicchiati a un Livorno ufficialmente in crisi, in attesa dello scontro diretto del 15 marzo. Il recupero di Martinho, inspiegabilmente in panchina a Novara. L’ex Catania con Jorginho è il giocatore più forte del Verona, imprescindibile dovunque lo metti, perché escluderlo? La crescita di Albertazzi, giocatore di sicuro avvenire, e la sicurezza di Ceccarelli, che quest’anno non è da meno (anzi) di Maietta. Infine l’imminente calendario, sulla carta meno ostico di quello del Livorno. Con Padova e Grossetto il Verona può dare un segnale (quasi) decisivo al suo campionato.  Nel frattempo il rientro dell’ottimo Agostini è vicino.

Le nota stonata è la gestione di Cacia, che soffre di pubalgia e non è lui (vedi il gol sbagliato davanti a Lamanna). Sarebbe opportuno concedergli un turno di riposo. Il caso Halfredsson della scorsa stagione dovrebbe insegnare qualcosa, e quest’anno non regge nemmeno l’alibi della panchina “corta”. Le alternative, infatti, non mancano. Restando all’attacco, le cronache consegnano l’ennesima prova incolore di Gomez, che – non mi stancherò mai di ripetere – gioca troppo lontano dalla porta, e senza Ferrari tutto ciò è un nonsense. L’argentino non ha le caratteristiche (passo, gamba, resistenza) del tornante, il meglio lo dà sul breve.  Idem Sgrigna, che sull’esterno è un po’ sprecato, e visto come si muove in area le volte che ci arriva, vederlo più spesso nel cuore dell’azione non sarebbe male. Ma è il prezzo da pagare al 4-5-1: marchio di fabbrica di un Verona prudente, tornato vincente, ma non ancora convincente.

 

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