Nemmeno Juncker e i demiurghi del “pareggio di bilancio” di stanza nei palazzi dell’Unione europea avrebbero saputo far meglio. Spending review, austerity, taglio della spesa, ditelo come vi pare: il Verona sarà votato al risparmio. Del resto lo si era capito già dalla recente conferenza stampa – minimalista, un redde rationem noiosamente spartano – che Setti sarebbe passato dai vigorosi e sfacciati proclami ranzaneschi di un tempo – un tempo vicino eppure mai come ora così lontano (quella del “modello Borussia Dortmund” rimarrà negli annali) – alle prosaiche dichiarazioni contabili attuali (“i 25 milioni li metterò nel bilancio”).
“Sono un musicista contabile” cantava graffiante Manuel Agnelli degli Afterhours, senza sapere che un ventennio dopo sarebbe andato a X-Factor a fare il giudice. C’era un Setti che parlava di calcio, di giocatori, di obiettivi (“consolidamento in serie A”) ammiccando financo alla grandeur (“vincere la coppa Italia”); c’è un Setti ora che parla di soldi ed economia: “L’unico mio obbligo è dare continuità all’azienda Verona”. Un cambiamento evidente, come nei contratti, non più pluriennali, ma annuali, come nelle scelte, ricadute su dirigenti e allenatori senza grande esperienza specifica.
Il ds Fusco a Bologna con poco ha saputo costruire molto, ma la sua esperienza da direttore sportivo è quasi tutta lì. L’avvocato napoletano è stato soprattutto un procuratore (anche di Pecchia). Saprà confermare quanto fatto sotto le Due Torri? Setti per ora gli ha dato un’opportunità, non le chiavi di un progetto. Idem a Pecchia, ottimo incursore di metà campo da calciatore, un’incognita da allenatore a questi livelli. E’ risaputo che la mia scelta sarebbe ricaduta, in rigoroso ordine, su Iachini o De Zerbi – attenzione non Mourinho, Hiddink o Guardiola -, due nomi realistici e (pensavo) abbordabili per una retrocessa con 25 milioni di diritti tv. Il Verona invece non si è rivelato attraente economicamente per gli allenatori di prima fascia e forse neppure per un emergente come l’attuale tecnico del Foggia. Pecchia invece è una scommessa: metodologicamente è senza dubbio preparato, resta da valutare se sarà in grado di trasferire le sue idee sul campo.
A lui va il mio personale in bocca al lupo e l’augurio di smentire i miei dubbi, anche perché dopo un anno di allarmi fondati e previsioni azzeccate sono anche stanco di aver ragione. “La ragione aveva torto” titola un bellissimo saggio di Massimo Fini. “La ragione è dei matti”, dicevano più semplicemente i nostri nonni. La ragione lasciamola agli altri.
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