Il Verona boccheggia, Sogliano parla. Era successo dopo Novara, è ricapitato a seguito del magro pareggio col Cittadella. Un riflesso pavloviano, dalla teoria del riflesso condizionato dello scienziato russo Pavlov. Capita anche questo dalle parti di Via Torricelli, dopo una stagione che comunque vada a finire si è rivelata sotto le aspettative della società, la quale non lo ammetterà mai pubblicamente, ma puntava a una promozione senza affanni (a torto, o a ragione fate voi).
Ma a chi parla Sogliano? Non certo ai tifosi e alla stampa, sebbene li abbia messi nel calderone per sparigliare abilmente le carte. L’obiettivo del vulcanico Sean è rinvigorire i giocatori e soprattutto l’allenatore, di recente apparso spento (anche per i noti motivi personali). Così è stato dopo Novara, così è stato venerdì pomeriggio. In particolare Sogliano è rimasto di stucco, martedì sera, nel vedere gli occhi bassi e la remissività di Mandorlini negli spogliatoi dopo il “cazziatone” generale dei vertici del club. Un atteggiamento sconosciuto in un uomo che avrà mille caratteristiche, ma non certo quella della mitezza.
Sogliano, insomma, ha voluto un po’ scuotere e un po’ proteggere i suoi. Un po’ “badante” e un po’ mamma che nasconde il bambino impaurito sotto la gonna. Dopo Novara e il suo famoso tormentone “giochiamo da auzzider”, il Verona raccolse due vittorie di fila con Varese e Bari. Corsi e ricorsi storici, anche se adesso occorre qualcosa in più. Per raggiungere la promozione senza passare dai play off, infatti, è necessario vincere almeno (sottolineo almeno) quattro partite su cinque e non vorrei dovessimo ricorrere in servizio permanente ai servigi della “badante” Sogliano. E’ vero che in tempi di crisi economica i doppi lavori sono contemplati, ma gli straordinari costano. Eppoi mi manca il Mandorlini che fu: incazzato, riottoso, irascibile, furbo, sguaiato, capopopolo, permaloso, polemico e accentratore. In una parola, detestabile. Caro mister torna caudillo, che per gli “autunni del patriarca” di sudamericana memoria c’è sempre tempo.
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