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PECCHIA ORA SCACCI LE AMBIZIONI PERSONALI

Tutto è ping pong, cantava Rino Gaetano. Pure questa serie B, che là davanti – Spal a parte – sembra un ciapa no. Così nonostante tutto – appuntamenti mancati, prestazioni stucchevoli, sconfitte inopinate – il Verona si ritrova in piena zona A a sei giornate dalla fine.

In principio era il verbo: e il verbo è che nel calcio la differenza prima o poi te la fanno i giocatori. “Se hai quelli buoni vinci”, diceva nella sua irriverente (per i soloni) semplicità Genio Fascetti. E l’Hellas dispone dei più forti, dunque succede che a Novara sbrogli la matassa una giocata estemporanea di Pazzini e che oggi sia stato Daniel Bessa, talento cristallino sulla via della compiutezza, a girare la partita. La differenza, nell’equilibrio (mediocre) di Verona-Cittadella, sta tutta qui.

Ma questa può rivelarsi una vittoria pesante, purché sia finalmente resa grazia al destino che ci rimette (ancora una volta) in corsa. Tradotto: si veda di non esaurire altri bonus. Il calendario è difficile e per trovare continuità il Verona deve ripartire dalla maggiore solidità mostrata nel secondo tempo e dimenticare la svagatezza assonnata del primi 15 minuti. Ecco, il peccato originale è sempre quello: passi per il gioco dimenticato e mai più ritrovato (arrivati a questo punto e con i singoli a disposizione l’assenza di una trama forse non è nemmeno più così determinante), ma l’Hellas ancora non sa gestirsi con equilibrio e intelligenza per l’intera partita. Perché a Novara dannarsi l’anima per 45 minuti per poi arrivare scoppiati alla ripresa? Perché oggi quell’inizio da incubo? Perché con lo Spezia la testa è rimasta negli spogliatoi? Perché in tante (troppe) altre occasioni si è restati in campo solo 20-25 minuti?

A sei giornate dalla fine diventare più sparagnini e sornioni aspettando la giocata del singolo non sarebbe un crimine, semmai una dote. Pecchia impari a vincere e disimpari la fregola (peraltro non esaudita) di voler stravincere, o di vincere come vorrebbe lui. Al di là di moduli o uomini, chiedo all’allenatore di non mutare più il copione filosofale come accaduto dopo Brescia o dopo Trapani; di non voler più inseguire un’ambizione personale, ma di restare ancorato alla praticità. Ora si gioca sul filo dei dettagli.

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