Domande d’estate. Ma perché il mercato è aperto (quasi) tutto l’anno, che poi gli affari si fanno gli ultimi giorni di agosto? Giocano sulle mie illusioni, io che perdo tempo a immaginare il nuovo Verona e poi mi rendo conto che la squadra ad oggi è largamente incompleta e dovrò aspettare. Fatica sprecata, meglio non leggerli i giornali ‘sto periodo. Le trattative mi sfiancano, i “se e ma e forse” mi infastidiscono. E’ il sistema, bellezza. Un sistema bulimico e viziato, del mercato perenne per finta. Cui prodest? Intermediari e procuratori (i veri padroni del vapore) e anche certi giornalisti. Ma poi in fin dei conti il mercato, quello vero, si fa al fotofinish, in tempi di “saldi”, quando dopo mesi di partite a scacchi e avvitamenti strategici, i giocatori in vendita e le società che li devono piazzare abbassano le pretese. Quasi per disperazione, credo.
Del resto il fenomeno “saldi” del calciomercato è andato di pari passo con quello dei negozi. Nei ricchi anni ’80 e soprattutto ’90 (quelli di Berlusconi, Cragnotti, Moratti, Tanzi, Cecchi Gori nel calcio, della lira e del lavoro fisso nella vita) servivano per piazzare “fondi di magazzino” e solo se ti andava bene facevi l’affare. Adesso sono necessari per vendere tout court. Segno dei tempi, succede al Milan, figuriamoci se non debba capitare al Verona.
Ecco, il Verona. C’è entusiasmo, dicono. Ma quello c’è sempre stato, anche nei tempi bui. Il sentimento predominante, direi, è la curiosità. Perché, tocchiamoci gli zebedei, forse qualcosa è cambiato. Non è solo il ritorno in serie A dopo undici anni, credo, ma la sensazione generale che stavolta ci si possa restare finalmente a lungo (ritoccatina d’obbligo). La realtà è brutale: dal 1990 la A l’abbiamo vista solo cinque volte. Cinque volte in 23 anni, pochino no? Ma Setti, uomo che non brilla per simpatia, finezza e cultura, ci sa fare, non c’è dubbio. Lo vedo talmente determinato che mi fido. Per lui la A è un affare, non mollerà l’osso tanto facilmente. Pastorello (lo cito perché è stato l’ultimo presidente nel massimo campionato) era forse anche più capace, ma non così determinato e soprattutto aveva tutt’altri interessi. Perché poi è questo che conta, la molla che ti fa agire. Qual è quella di Setti? Che il Verona resti in A. Non per amore certo, ma a noi cosa importa?
Eppure qualche domanda è giusto porsela. Sono arrivati Gonzales, Donati, Toni, Cirigliano e (di fatto) Jankovic, tutti nomi da catalogare alla voce “scommesse”, “incompiute” e “giocatori al tramonto”. Sono rimasti (per ora) Jorginho e Martinho e questa è una gran cosa. Basta? No, Sogliano l’ha ammesso: “Ci servono altri innesti”. E non pochi. L’ho già scritto: niente sogni di gloria. Partiamo per soffrire e il mercato che stiamo facendo lo conferma. Il budget è quello che è, la squadra che sta nascendo anche (almeno per ora). Si sogna Bradley (Sogliano ci proverà fino alla fine) e si punta a Romulo, qualcosa va fatto anche in difesa (portiere compreso) e come ha ribadito Setti un’altra punta arriverà. Mi fermo qua e non mi soffermo sui dettagli (a ognuno il suo mestiere). Solo una considerazione: “La salvezza è il nostro scudetto” ha detto il presidente. “Il primo anno è il più difficile, abbiamo tanti giocatori che erano i più bravi in B, ma la A è un’altra cosa” gli ha fatto eco Sogliano. Non è understatement, è realtà. Guardiamola in faccia, “è più sicura” (cit Vasco Rossi).
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